I Cabalisti, il Male e il leone Fontana Editore

I Cabalisti, il Male e il leone

I Cabalisti, il Male e il leone

E come sempre si affaccia di continuo alla Mente e nel Cuore l’eterno problema del Bene e del Male. Ma io sono un uomo fortunato.

Molti anni fa, in Israele, un saggio mi ha raccontato una breve storia, che mi sembra chassidica, per quanto l’ambientazione sia, volutamente o meno, piuttosto esotica. Non ne so nulla in più di preciso, perché non mi fu detto da dove veniva né quando fu composta o da chi, ma questo, forse, non è così importante. Per quanto adesso abbia cercato un po’ goffamente di allungarla ed abbellirla un poco per il vostro piacere di lettori, ho pensato che è una storia così surreale ed affascinante che non posso proprio fare a meno di condividerla, convinto che quanto vi ho aggiunto di contorno non sia riuscito a recarle danno o ad indebolirne la forza...

Molto tempo fa, un pio gruppo di rabbini cabalisti si era raccolto in una piccola comunità che viveva in un villaggio ai confini con la desolazione del deserto. Il posto era perfetto per studiare la Torah e praticare la Kabbalah lontano dalle rumorose folle cittadine e vicini alla Natura. Il villaggio era infatti prossimo ad alte montagne, grandi masse di rocce aspre e spoglie, con scarsi cespugli amari e spinosi, che erano rifugio di ogni sorta di bestie e di fiere selvagge.

In particolare una di esse affliggeva gli abitanti del villaggio dei cabalisti. Un grande Leone solitario predava le greggi che i pastori accompagnavano a pascolare sui fianchi brulli delle alture circostanti. Il Leone uccideva pecore e capre a suo piacimento. Di giorno o di notte, non faceva per lui alcuna differenza. Spesso non se ne cibava neanche. Sembrava uccidere per pura malvagità. I pastori erano frustrati, spaventati e pieni di rabbia.

I pii rabbini si dissero: “Così è troppo. Dobbiamo fare qualcosa per eliminare questo problema”. E si riunirono in preghiera, studio e meditazione ed alla fine se ne uscirono con un progetto grandioso.

Quel leone sembrava il riflesso stesso del Male che imperversava in questo Mondo. E se loro fossero riusciti non solo nell’impresa di catturarlo, ma prima ancora nella impensabile e sovrumana impresa di usare la kabbalah dei loro padri e, col consenso di HaShem, provare a raccogliere, convogliare e concentrare TUTTO il Male del Mondo nel corpo di quella fiera malvagia…? Allora catturarla avrebbe significato, in un colpo solo, l’eliminazione del Male dal Mondo che sarebbe rimasto, sotto la loro custodia, richiuso per sempre!

Per quaranta giorni i pii cabalisti digiunarono, e pregarono e meditarono e misero in atto tutte le conoscenze tramandate nei Libri dei loro padri. Alla fine riuscirono a concentrare tutto il Male, raccolto nel Mondo, nel corpo del famigerato Leone.

A quel punto, accompagnati dai pastori, prepararono una trappola che loro confidavano non avrebbe potuto fallire. E non fallì. Il Leone venne catturato, e quindi rinchiuso in una pesante gabbia con spesse sbarre di ferro bruno temprato nel fuoco, e venne portato al villaggio per essere mostrato a tutti.

La notte trascorse in grandi feste ed appassionati niggunim di ringraziamento all’Eterno. Ora forse il Maschiach stesso si sarebbe manifestato. Il Mondo forse era pronto per entrare nell’Olam HaBa, quello in cui il Leone e l’Agnello giaceranno insieme ed i figli di Adamo potranno vivere nella Pace godendo le gioie della fraterna condivisione del Latte e del Miele!

I pii rabbini si coricarono pieni di speranze.

Il giorno dopo, dopo i lavaggi e le preghiere, i pii rabbini si misero a fare colazione. Le donne però dissero loro che c’era qualcosa di strano quel giorno. Nessuna gallina aveva fatto le uova. Il pane non era lievitato. Le vacche non avevano prodotto latte. E quello fu solo l’inizio.

Nei giorni successivi i pii rabbini, ed anche tutti gli altri abitanti del villaggio, poterono constatare, dapprima con sorpresa e poi con sgomento, che le messi non crescevano nei campi, la frutta non maturava sui rami degli alberi, le api non andavano più in giro a raccogliere nettare per fare il miele, le femmine del bestiame non partorivano. E così le donne del villaggio, perché da quando il Leone era stato segregato in gabbia nei sotterranei della Sinagoga, non era nato più nessuno. E nessuno era morto.

Non ci volle molto ai pii rabbini per capire che cosa avevano fatto. HaShem aveva consentito loro di provare ad eliminare il Male dal Mondo solo per farli meditare sul loro orgoglio e sui disastri che si realizzano quando la Kavannah (Intenzione, Formazione della Volontà) viene formulata in un modo imperfetto, il che si verifica anche quando, per perseguire un apparente bene, per quanto grande ed importante esso sia, non riflettiamo abbastanza per cercare di configurare le conseguenze secondarie del nostro agire, andando avanti nel pensiero fin dove riusciamo a vedere con l’intelligenza, l’esperienza, l’intuizione e la Grazia di D-o. HaShem aveva ricordato loro, attraverso quel triste seguito della loro impresa, la lezione fondamentale sulla natura della Sua Creazione.

Tutto in questo Mondo si manifesta in forma duale. La Creazione andrà avanti verso il suo scopo, perennemente in moto di eterno divenire, ma l’equilibrio della sua ruota può essere mantenuto solo con la necessaria compresenza degli opposti, i quali sono sempre anche forme, o energie o principi che si manifestano in coppie dialettiche inscindibilmente in relazione fra di loro, come complementari e necessari.
Come potremmo mai riuscire a vedere qualcosa, se fossimo abbagliati nell’insostenibile Luce Assoluta dell’Or Ain Sof? Ma, del pari, che cosa potremmo mai distinguere se fossimo immersi nella Tenebra Totale? Tutto ciò che noi vediamo è immerso in un bagno benedetto fatto di parti variabili di luce e parti variabili di tenebra. La tensione fra due polarità crea e mantiene, in qualsiasi campo ed a qualsiasi livello di questo Mondo, quel CHASHMAL, quell’energia, quel flusso, quella cosa che noi chiamiamo VITA.

I pii rabbini cabalisti si vergognarono e si pentirono della loro leggerezza, della loro presunzione, e del fatto stesso che forse per un attimo avevano pensato di porre rimedio a quello che sembrava ai loro occhi un‘imperfezione del Mondo, quel Mondo che noi sappiamo che HaShem ci ha affidato apparentemente caotico, ma che è un Regno completo e perfetto per poter compiere il nostro Lavoro.

Con molta sincera contrizione ed umiliazione, i pii rabbini cabalisti andarono nelle segrete dove tenevano il Leone, e verificato che questo era rabbioso ma in buona salute, lo riportarono nel deserto ed aprirono la gabbia. Lo guardarono allontanarsi sulle montagne senza dire una parola. Ritornarono leggeri e sereni al villaggio dove, nel frattempo, aveva ricominciato a scorrere, forte e sacra come sempre, la Vita.

Questa è la storia come io me la ricordo. Possa diventare parte anche della vostra memoria ed essere per voi ispirazione e benedizione. Grazie della vostra attenzione. Shalom.

מה רבו מעשיך ה'' כלם בחכמה עשית מלאה הארץ קנינך

Ma-rabu ma’asechà Adon-i, kulam bechokmah asita malah ha eretz, kinianecha
Quanto numerose sono le Tue opere, o Signore, con Sapienza Tu le facesti tutte, ed ora la Terra è piena delle Tue creature.
Salmo 104, 24

Fabrizio Piola

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1 commento

MOLTO BELLA QUESTA STORIA PER COMPRENDERE CHE IL MALE DAL MONDO NON POTRA’ MAI ESSERE ELIMINATO IN QUANTO LA NOSTRA ANIMA SI INCARNA PROPRIO PER SPERIMENTARE QUELLA DUALITA’ CHE NON ESISTE NEL NOSSO LAR, LA NOSTRA DIMORA CELESTE.

MARGHERITA

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