L’animismo è un fenomeno complesso Fontana Editore

L’animismo è un fenomeno complesso

Gli antichi greci, il popolo dell'Isola di Pasqua, gli sconosciuti fondatori di Mohenjo-Daro e Harappa nella valle dell'Indo e molte altre culture che non si sono mai incontrate scrivevano bustrofedicamente, che sarebbe a dire “come il bue ara”.

La sequenza di caratteri cresce e si allunga fino alla fine del foglio, fa un'inversione di marcia, ritorna al lato opposto, un'altra inversione di marcia e così via.

Non è una cosa rara. Omero e Cesare hanno scritto così. Esistono poi molte varianti di questo tema. A volte la direzione del testo cambia, e l'orientamento dei caratteri no, nel qual caso topo diventa opot; ogni tanto non solo cambia la direzione, ma i caratteri vengono rovesciati specularmente, a volte rispetto ad un asse, a volte rispetto ad ambedue, così che spesso devi ruotare la tavoletta o la pergamena per poter leggere.

Queste tradizioni non erano il risultato di una follia collettiva, ma ci dicono invece qualcosa di profondo su problemi che sembrano semplici e non lo sono. I nostri antenati stavano cercando di risolvere un problema la cui soluzione sappiamo essere il ritorno di carrello. I molti esperimenti falliti che ho menzionato ci testimoniano senza possibilità di dubbio che quel semplice tasto di invio che usiamo senza neppure pensarci è stata una conquista difficile che ha richiesto lo sforzo collettivo di generazioni di persone intelligenti.

L'animismo è, in un certo senso, simile alla scrittura bustrofedica. L'idea che per comprendere il mondo lo si debba osservare sembra a noi così naturale, che non riusciamo a capire come certi popoli possano fare il contrario, ma questo è esattamente il caso degli animisti. Essi infatti spiegano i vari misteri del mondo non con l'ispezione, ma con l'introspezione.

Credono che l'unica realtà sia quella dentro, ma questa scelta apparentemente così folle ci indica quanto possa essere difficile separare se stessi dal mondo che si osserva.

Se l'animismo sia una religione o meno, è un argomento molto discusso. Io credo che sia bene definirlo come una forma mentis così fondamentale da essere un precursore della religione. Il mondo è organizzato come la mia mente, così che poiché io penso, tutto sicuramente pensa. Se le parole hanno un significato per me, allora devono parlare anche alle altre cose (da qui le formule magiche come “Abracadabra”). L'animismo è un modo di interpretare le cose, non sempre con implicazioni spirituali ovvie. Massimo de Cristofaro ha spiegato su questo stesso sito che cosa è per lui l'animismo:

"Secondo me l'animismo è una componente spirituale dell'umanità tutta. Più o meno "potente" e/ da seguire, ma esiste in tutti noi.
Non perché gli oggetti abbiano un'anima, ma perché gliela diamo noi.
Un esempio ultralaico e di valore "alto": la famosa "aura" che Walter Benjamin aveva identificato come motore verso un'opera d'arte.
Chi si trova davanti ad un'opera originale "sente" la presenza dell'artista che l'ha fatta. Davanti ad una riproduzione può ammirare la tecnica, può studiare tutto, ma quando ha davanti l'opera "di mano" dell'autore, l'emozione è fortisstima e speciale.

Anche noi sempre possiamo avere molto cari oggetti che sono appartenuti ai nostri antenati deceduti e ci rattristiamo all'idea che magari un oggetto di cui conosciamo la storia, magari ai nostri figli o nipoti non dirà nulla e quando non ci saremo più probabilmente verrà buttato.

Se l'anziano che in famiglia possiede l'oggetto ne parlasse, potrebbe appassionare i discendenti alla storia sia dell'antenato sia dell'oggetto, per cui, tutta o parte della forza dell'antenato che ha realizzato le molte imprese, finisce nell'oggetto agli occhi di tutti i compnenti della famiglia; quindi, chiunque della famiglia arriverà a possederlo, gli darà quella forza e quindi ce la ritroverà.

Da noi è un'idea, una sensazione, di derivazione antropologica, quindi molto articolata e con diverse sfumature.
In Giappone è un fatto, non sottoposto a "opinione".

Capisco benissimo si faccia il funerale dei pennelli di un pittore: contengono tutti i gesti che il pittore ha fatto, contengono molta anima dell'artista.

In più, c'è un aspetto quasi pratico, che secondo me potrebbe valere per chiunque, anche occidentale ed ateo: sarebbe molto triste che i vecchi pennelli del grande artista stessero lì da una parte a ricoprirsi di polvere e magari poi, diventati del tutto simili a qualsasi pennello vecchio, venissero buttati nella spazzatura. Proprio perché contengono i comandi dell'artista alle proprie mani.
Quindi è molto bello bruciarli subito, in modo da aiutare la loro anima a staccarsi.

Fui molto toccato da un diamante in vendita da Christie's a Lugano mi pare, tanti anni fa, che possedeva molta documentazione certa secondo la quale c'erano altissime probabilità che fosse appartenuta ad Ashoka: se avessi avuto soldi l'avrei comprato."

Quello di cui Massimo sta parlando è l'animismo come registro della ragione. Molte frasi nel pezzo di Massimo sembrano dire che un oggetto agisce e reagisce:

“I pennelli contengono tutte le pennellate date dal pittore e, quindi, molta della sua anima.”

Oppure, “I pennelli hanno un valore unico precisamente perché ricordano tutti i comandi ricevuti dalle mani dell'artista.”

Queste frasi sono per lui immagini poetiche , ma un animista giapponese le prenderebbe letteralmente. Egli ritiene che, usando un oggetto, questo assorbe parte di te e sarà quindi necessario, prima di gettarlo , recuperare quel pezzo di te stesso. Pensa che parole, colori, numeri, movimenti e altri elementi del tuo mondo interno possano influenzare la natura e sopraffare le sue leggi.

Il Cristianesimo è una religione rivelata. È nata, si è sviluppata, diffusa e solidificata in tempi che storicamente sono molto brevi. Sin dall'inizio ha avuto un solido senso d'identità, e la presenza di libri sacri la rese relativamente consistente.

L'animismo è un fenomeno diverso, basato su piccole comunità. Viene usato dove e quando è necessario, da coloro che ne hanno bisogno in quel momento, affidandosi solo a risorse locali. Non venera le montagne in generale, ma una specifica montagna. Non venera la primavera come stagione, ma una data primavera. La terra natale dell'oggetto di culto è l'area più sacra di tutte. Gli aderenti ad un culto non sono solo esseri umani, ma gli unici ad avere il diritto di definirsi tali. Agli altri non è nemmeno concesso di venerare le suddette entità divine.

Francesco Baldessari

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