La "non stazione" delle ferrovie giapponesi Fontana Editore

La "non stazione" delle ferrovie giapponesi

Tzur Trevi

Trovato su una pagina di esoterismo e spiritualità di solito piena di bagatelle narcisistiche e pedanterie che non portano a nulla. Ma questo era diverso. Si chiama Seiryu Miharashi Eki ed è una stazione giapponese senza entrata e senza uscita.

Niente biglietteria, niente negozi, niente bar.

Il treno si ferma in mezzo al nulla.

Si scende, ma non ci si può recare da nessuna parte, e per andarsene occorre aspettare il convoglio successivo.

Non c’è niente da fare: nessun paese, nessuna attrazione turistica nelle vicinanze.

E quindi, di cosa si tratta?

Di uno scherzo?

Assolutamente no, i giapponesi hanno una cultura antica e "seria".

Si tratta di un "memento", un segnale di "discontinuità", per ricordare a chi usufruisce della tratta ferroviaria l’importanza di "fermarsi", ritagliarsi del tempo, pensare, riflettere, rimettersi in pace con il mondo.

Uno "stop" alla meccanicità quotidiana.”

Il Giappone non è un luogo perfetto dove si vive felici e secondo saggezza. È anche il luogo degli Hikikomori, dei suicidi infantili dei manager che dopo il lavoro si ubriacano fino alla paralisi.

Ma questa cosa i Giapponesi mi sembra di poter dire che l'hanno capita: che non è sufficiente formare un pensiero se non lo traduci in un'azione nel mondo fisico che lo contenga e manifesti.

Così come il Tè necessita della Tazza, la decisione di creare uno spazio di meditazione di qualsiasi tipo nella "chain gang" della quotidianità del lavoro e dello studio non può restare nel pensiero per essere efficace, ma deve tradursi nel gesto concreto di scendere dal treno e restare immobili a contemplare l'essere finché non siamo consapevolmente pronti a risalire sul treno del tempo.

Shalom

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