Mandala, la sacra via
Mandala, la sacra via, cos'hanno in comune con la fondazione di una città nel mondo antico? La fondazione ha sempre rivestito un carattere non solo meramente civile e politico, ma anche sacrale. Così nel mondo greco, come poi in quello etrusco-romano. Andiamo a scoprirlo...
Quando costruivano una nuova città, gli Etruschi rispettavano una serie di regole: un sacerdote tracciava un solco che definiva il perimetro della città; per fare ciò, utilizzava un aratro di rame, trainato da una coppia di buoi bianchi. La città aveva una pianta regolare formata dall’incrocio di strade che avevano tutte una direzione, o da nord a sud, o da est ad ovest, i cui assi principali erano detti rispettivamente cardo e decumano. La città era circondata da mura difensive in tufo, nelle quali erano aperte delle porte ad arco, mentre al centro della città veniva scavato un pozzo chiuso da una lastra di pietra. Esso costituiva il passaggio tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Una città si considerava fondata solo quando i templi, le strade e le porte erano state consacrate.
I Romani ereditarono dagli Etruschi questa pratica di fondazione. Il sito veniva scelto solo dopo la consultazione del volere divino da parte del re-sacerdote che avrebbe governato sulla città, attraverso l’osservazione della natura, come il volo degli uccelli, o le viscere degli animali. Dopodiché veniva tracciato un primo solco, il sulcus primigenius, e, attorno, un successivo, il pomerium, il confine vero e proprio. La striscia di spazio che si veniva a creare era considerata un anello di protezione per la città; in seguito venne sostituita da mura difensive e fossati.
Questa zona era esorcizzata dal re-sacerdote tramite formule magiche ed incantesimi, in modo tale che i fantasmi e i demoni non potessero nuocere alla città e qui, fossero confinati. All’interno della città venivano poi tracciati gli assi viari principali, il cardo ed il decumano, con direzione nord-sud ed est-ovest, in modo tale da dividere la città in quattro parti, trovando così, nei punti di intersezione con il perimetro esterno, il luogo dove avrebbero dovuto essere costruite le porte di accesso alla città, ognuna delle quali, dedicata ad una divinità. La cinta muraria separava la città, l’urbs, dal contado, l’ager, e simbolicamente la civiltà, dalle barbarie. Al centro della città veniva invece scavata una fossa il mundus, il punto di contatto con l’aldilà, nel quale venivano gettate pietre, o sacrificati animali, talvolta anche uomini. Può sembrare a noi, un atto crudele, ma per la mentalità del tempo, richiedere un favore alle divinità o la protezione, implicava sacrificare qualcosa d’altrettanto importante. Non era possibile ricevere, senza dare e questo è un principio di validità universale.
Tutto ciò mi riportata alla pratica di dipingere il mandala, il cerchio all’interno del quale rappresentiamo noi stessi in rapporto al mondo. Delineare il segno sacro ci rimanda indietro nel tempo e nello spazio e ci ricollega a tutti coloro che ci hanno preceduto, proprio come il re-sacerdote romano che tracciava il solco della città e per essa, invocava la protezione divina. Ecco che il mandala rappresenta la città sacra nella quale esorcizzare le forme pensiero negative che ostacolano il nostro percorso spirituale. Linee e colori diventano le pratiche attraverso cui compiere il rito; matite e colori, le bacchette magiche per tracciare i confini del mondo terreno e di quello ultraterreno, cosicché possano muovere l’energia del nostro pensiero verso il punto di liberazione.
Ogni volta che mi accingo al rito di costruzione del mio mandala, mi sento una sacerdotessa che rivestite le vesti candide di un tempo e si riconnette alle vite passate cogliendone i moti e le energie. Dal centro del mandala si sprigionano i flussi di intersezione tra i mondi e, in quel preciso istante, ho la possibilità di dirigere le energie di passaggio e scegliere il sentiero di vita che più m’illumina e rende luce al mondo con parole di verità. Alle quattro porte trovo i miei guardiani, le guide che ci accompagnano in questa esistenza terrena. Esse cambiano nel corso dell’esistenza in base al momento che stiamo vivendo, e sono qui per aiutarci e sorreggerci amorevolmente, se solo noi, glielo chiediamo.
Siamo noi che possiamo scegliere, grazie al libero arbitrio, chi far entrare nella città sacra ; le guide possono sorreggerci, ma non interferire con le nostre decisioni e in particolar modo, con il patto che abbiamo stretto prima della nascita. Invitiamo nel nostro spazio sacro solo le persone che se ne sono guadagnate il diritto. Noi possiamo stabilire come gli altri ci tratterranno in base a come trattiamo noi stessi. Se in qualche modo infatti, sentiamo di non essere stati rispettati, chiediamoci in cosa non vogliamo essere disapprovati o, in cosa essere invece considerati. Fuori dal cerchio sacro, ci sta il mondo, con le sue sfide e gli incessanti miracoli che possiamo cogliere se solo sappiamo ben osservare.
Ostacoli che se, se superati, si trasformano in altrettanti doni. È l’atto creativo del demiurgo. Il mago-sacerdote che trasforma il piombo in oro. È l’opera alchemica dell’esistenza che porta all’immortalità nel momento in cui abbiamo accesso alle chiavi della mente che crea e ricrea le realtà con il proprio potere. Sta a noi saperlo usare con saggezza.