Sport e meditazione. Lo stato di flow
È risaputo che la pratica della meditazione produce un cambiamento stabile nella percezione della realtà. Man mano che la nostra consapevolezza si amplia, infatti, diveniamo capaci di cogliere aspetti più sottili dell’esperienza e gradualmente il senso di separazione tra noi e il resto del mondo si allenta. In meditazione, quando siamo sintonizzati con lo sfondo silenzioso della coscienza, continuiamo a mantenere - seppur in forma lieve - una percezione dualistica del reale. In altre parole, c’è ancora distinzione tra sé e non-sé. Tuttavia può accadere che in alcuni momenti questo residuo di coscienza ordinaria improvvisamente venga meno, permettendoci di cogliere la vera natura delle cose, il vuoto di cui parlava il filosofo buddista Nagarjuna (nell’immagine qui sotto).
Nel mondo moderno però non sono in molti ad avere il tempo e la pazienza da dedicare alla meditazione e, nei momenti liberi molti preferiscono rilassarsi facendo dello sport. Ma è possibile conciliare le due esigenze? Può un’attività fisica diventare una forma di meditazione? Ebbene sì, se sappiamo come fare.
Generalmente si pensa che la meditazione sia una pratica statica, che si svolge seduti su un cuscino, nel silenzio di un ritiro oppure nella propria abitazione. In realtà nella tradizione buddista, ma anche in altre religioni orientali come l’Induismo o il Taoismo, esistono delle forme dinamiche di meditazione. Nei monasteri Theravada, per esempio, si pratica la camminata consapevole, un tipo di meditazione in movimento, che i monaci alternano alla tecnica tradizionale per «sgranchirsi le ossa» e favorire la circolazione. Nel Taoismo questa funzione è svolta dal Tai-Qi, un insieme di movimenti che in passato servivano per combattere e una volta divenuti obsoleti sono stati raccolti in coreografie (forme) che le persone possono utilizzare per mantenersi in esercizio e sviluppare la consapevolezza. Nell’eseguire i gesti lenti e armoniosi del Tai-Qi, la mente si concentra sul momento presente, lasciando da parte ogni altra occupazione. In questo modo l’individuo riesce a entrare in uno stato mentale di profonda calma, sentendosi in armonia con ciò che lo circonda.
Il primo a osservare fenomeni di questo tipo in condizioni controllate e ripetibili è stato, negli anni ‘70, Mihaly Csikszentmihalyi. Lo psicologo, di origini ungheresi, descrisse lo stato di flow, un fenomeno nuovo per la scienza occidentale, che ha sempre dato poca importanza allo studio degli stati «alterati» di coscienza, soprattutto quelli che non sono collegati a fenomeni patologici. Il flusso è una condizione mentale temporanea in cui l’individuo è completamente immerso nel presente. Questo stato è spesso descritto come un’esperienza piacevole, in cui si ha la sensazione di essere uno con la realtà circostante e di avere il pieno controllo su sé stessi. Gli antichi maestri Zen avevano notato questo fenomeno e lo chiamavano Mu-shin, ovvero sia non-mente, per sottolineare l’assenza di pensiero e la profonda sintonia con l’ambiente. Oggi molti allenatori sportivi cercano di innescare questo stato nei loro pupilli, consapevoli del fatto che nel flow la concentrazione migliora insieme alla capacità di rispondere agli stimoli esterni, aumentando le possibilità di vittoria.
L’aspettò interessante del flow è che ha molto in comune con le esperienze che si vivono durante la meditazione, pur rimanendo un fenomeno circoscritto e legato ad attività specifiche. Entrambi gli stati, infatti, implicano una profonda concentrazione e una notevole riduzione del «rumore mentale», cioè il continuo chiacchiericcio interno che caratterizza le nostre menti. Quando una persona entra nel flow, è totalmente immersa nell’attività che sta svolgendo e si dimentica di qualsiasi altra cosa, incluso lo scorrere del tempo. S’innesca, infatti, una temporanea sospensione del senso dell’Io, esattamente come avviene nella meditazione, dove l’attenzione viene intenzionalmente distolta dal contenuto dei pensieri, che vengono osservati in modo obiettivo e senza lasciarsi coinvolgere. È proprio per questa ragione che l’esperienza di flow è associata a un profondo senso di soddisfazione: essa, come la meditazione, ci libera da noi stessi, per fare spazio alla realtà del momento presente. Come entrare nello stato di flow durante un’attività sportiva? Ecco alcuni piccoli consigli basati sulla mia esperienza personale:
- è importante scegliere attività fisiche coinvolgenti, meglio se semplici e caratterizzate dalla presenza di gesti ripetitivi, ma non meccanici. Si pensi per esempio al tennis, la fit-boxing oppure all’esecuzione di un kata nel karatè.
- bisogna ridurre al minimo le distrazioni o minimizzare le fonti di disturbo esterno, concentrandosi esclusivamente su quello che si sta facendo. In questo caso il fattore ambientale diventa determinante e si possono usare alcuni accorgimenti, come la musica, per rendere il contesto meno disturbante.
- lo stato di flusso è favorito da attività che forniscono un feedback immediato, senza lasciare il tempo di pensare ad altro. Per esempio, nel tennis, durante lo scambio non abbiamo tempo per fermarci a riflettere tra un colpo e l’altro e se lo facciamo, probabilmente perderemo il punto. Questo genere di attività ritmica che richiede attenzione continua è ideale all’innesco dello stato di flusso.
- è possibile favorire l’ingresso nel flow con piccoli accorgimenti che migliorano la concentrazione, creano l’umore adatto per immergersi nell’esperienza o riducono il disturbo ambientale. Uno di questi è la musica, come sanno bene gli atleti agonisti, che prima di una gara spesso indossano le cuffie mentre cercano di entrare nel giusto stato mentale. La musica però se non è ben scelta o aggiunge rumore ad un ambiente già di per sé caotico, può trasformarsi facilmente in una fonte di disturbo.
Naturalmente esistono delle differenze importanti tra il flow e la meditazione ed è necessario esserne consapevoli. Il primo, infatti, è una condizione legata ad un’attività specifica che dura per un tempo limitato (da pochi minuti ad un’ora), mentre la meditazione è una tecnica creata appositamente per prolungare e rendere stabili le modificazioni della coscienza che abbiamo appena descritto. Lo scopo delle tecniche meditative è prima di tutto spirituale, a differenza del flow che può essere usato in molti contesti diversi. La Vipassana, la meditazione trascendentale e altre tecniche, servono a liberare l’individuo dall’attaccamento all’Ego, attraverso la comprensione profonda della natura ultima della realtà.
Anche se gli obiettivi sono molto diversi,
la base psicologica e neurologica che permette queste esperienze è la stessa.
Questo ci consente di affermare che il flow è una sorta di «piccola meditazione» che tutti possiamo sperimentare di quando in quando, senza rinunciare al piacere del movimento e dell’attività fisica. Essa è la base di iniziative ormai diffuse in tutto il mondo come il «mindful cycling» un modo di praticare il ciclismo che sta riscuotendo un successo sempre maggiore e può essere d’esempio per altri sport.