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Celebrare la Diversità: l’eredità di Hans Asperger
Rocco FontanaOggi, 18 febbraio, si celebra la Giornata Mondiale della Sindrome di Asperger, un'occasione importante per chiarire e riflettere insieme su quanto sia cambiata la nostra comprensione dell'autismo nel corso degli anni e anche la sua classificazione nei manuali diagnostici.
Infatti Asperger e Autismo sono la medesima cosa.
“Ma che dice questa?” Penserà qualcuno meno edotto sull’argomento.
Per tanti questa è una novità; non sono pochi, infatti, coloro che strabuzzano gli occhi quando si accosta la parola autismo a quell’altra parola infarcita di miti e abilismo, che fa subito pensare o all’eccentricità di Sheldon Cooper di Big Bang Theory (per chi non conoscesse la serie, provveda perché merita) o alla genialità di Raymond in Rain Man.
Ma partiamo dal principio.
Nei primi anni del 900, Hans Asperger, un giovane pediatra austriaco, amante delle lunghe passeggiate in montagna e da molti descritto come “freddo e distante”, iniziò a interessarsi durante la sua carriera ad un gruppo di bambini che presentavano comportamenti e abilità peculiari ma che non rientravano in nessuna etichetta diagnostica nonostante la loro evidente diversità.
Hans, forse si rispecchiò un po’ in quelle giovani menti, dalla concentrazione incredibile riguardo i loro interessi specifici, grande memoria per i dettagli più insignificanti ma al contempo, molto impacciati o deficitari nelle interazioni sociali, sia fra i pari che con gli adulti.
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Il nostro Dottore, infatti, nell’infanzia fu un talento precoce e instancabile collezionista di libri (ne possedeva più di 10000 nella sua biblioteca personale). Amante viscerale della Letteratura tanto da citare interi testi a memoria; forse questi bambini, così simili a lui, li capiva più a fondo di quanto non volesse ammettere.
Nel 1944 fu pioniere nel descrivere per la prima volta un gruppo di “sintomi” che ancora oggi conosciamo come Sindrome di Asperger.
Asperger osservò a lungo questi bambini, che lui chiamava affettuosamente i suoi “Piccoli Professori”: a differenza di altri clinici contemporanei come Leo Kanner, che avevano una visione più negativa dell’autismo, il pediatra austriaco, nutriva invece una visione più lungimirante e pedagogica riguardo alle prospettive future di questi bambini, dalle spiccate abilità nei campi a cui si interessavano e dalle competenze brillanti quando si trattava di argomentare ciò che li appassionavano.
Capita spesso, alle famiglie a cui si presenta una diagnosi, che durante l’iter, alla fatidica domanda: “Ci sono altre persone autistiche in famiglia?” cadano dalle nuvole, o peggio, partano col fare il toto stranezze dell’intero albero genealogico, con genitori che iniziano ad accusarsi a vicenda, cercando di addossare all’altro, il ceppo strambo ereditato dal figliolo; rinfacciando la zia gattara, quel cugino chiuso in casa da anni a collezionare monetine o il nonno con il routinario appuntamento del giovedì, al mercato dei funghi.
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L’ho raccontata in modo leggero per sdrammatizzare un po’, ma il succo è che le persone autistiche esistono da sempre.
Quello che è cambiato negli anni è la maggior consapevolezza, più attenzione nel rilevare il funzionamento autistico in sempre più tenera età (anche solo trent’anni fa non si riconoscevano così precocemente), salvo casi eclatanti; quindi i più passavano inosservati, o eccentrici nella migliore delle ipotesi.
Oggi non sono di più, sono solo aumentate esponenzialmente le diagnosi e le competenze di chi le fa.
"Ma quindi sono davvero così geniali questi bambini?"
I bambini Asperger sono semplicemente bambini autistici.
La differenza sta tutta nella presenza o meno di disabilità intellettiva
Quindi sì, quella ragazza della Posta fissata con Hello Kitty che veste solo di rosa è davvero autistica: anche se vi guarda negli occhi quando parlate. O il ragazzo in palestra che parla sempre con tutti, ostentando un eccesso di esuberanza, anche lui lo è davvero.
Non tutti gli autistici stanno reclusi in casa a dondolare o sfarfallare (magari lo fanno, ma non davanti a voi).
E quel zelante compagno di università con gli occhialoni da talpa che prende tutti volti alti, anche se lo sembra (per l’immaginario collettivo), probabilmente è solo timido.
Esistono tanti altri stereotipi, più o meno abilisti, ma spero di aver reso l’idea.
Gli Asperger sono solo bambini e adulti autistici con un quoziente cognitivo nella media o sopra la media.
La differenza è solo qui.
Una bella differenza penserà qualcun altro: se non c’è disabilità cognitiva allora non vi è difficoltà.
E qui casca l’asino.
Dal 2013 la Sindrome di Asperger non esiste più (non si sono estinti, precisiamo); la categoria è stata debellata dai manuali diagnostici (DSM V) perché la ricerca, fortunatamente, è andata avanti, nel frattempo, e si è capito che è più corretto parlare di Spettro Autistico, proprio perché l’autismo abbraccia sfumature infinite, intensità diverse, cognitivi diversi, bisogni e difficoltà variabili da individuo a individuo. Spesso è necessario un supporto, non tanto per l’autismo in sé, ma per le comorbidità che lo possono accompagnare (come Depressione, Disturbo ossessivo compulsivo, Disturbi d’ansia, per citarne alcune) che si instaurano a causa di una società ancora troppo poco ferrata sull’argomento.
Ma la base autistica è il denominatore comune.
Ora si parla di neurodiversità, addirittura. Una diversità neuronale, un cervello che elabora, sente e comunica diversamente; non meno di altri, semplicemente lo fa in modo diverso, rispetto alla maggioranza della popolazione.
La diversità è sempre stata ricchezza in natura, non debolezza.
Se ci sono difficoltà vanno accompagnate, se ci sono talenti vanno potenziati.
Grazie alla visibilità dei social, ora sono molte le persone autistiche che fanno advocacy e appassionata divulgazione (per fortuna); ascoltate le loro voci, ascoltatele tutte, perché chi l’autismo lo vive nella sua pelle ha una prospettiva unica.
Personalmente, credo che ogni individuo, con le proprie differenze, possa trovare la propria strada verso una vita piena e soddisfacente, se gli si forniscono gli strumenti adeguati per farlo.
La mia missione è aiutare a trasmettere questa consapevolezza, affinché ogni persona possa essere accettata e valorizzata per chi ciò che è nella sua essenza.
In conclusione, in questa giornata speciale, ricordiamoci di celebrare la diversità, tutte quante e di lavorare insieme per costruire un mondo sempre più inclusivo.
L’Autismo non è una malattia, è parte integrante dell’umanità e merita di essere compreso e accettato per quello che è: una variabile dell’essere umani.
Spero che questo articolo vi abbia ispirato e incuriosito: vi aspetto nel mio libro Naturopatia per l’Autismo: un approccio neurodiverso” edito da Fontana Editore e sui miei canali social per continuare questa importante conversazione.
Buona Inclusione!
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