La Lena e le rose d’oro: dialogo tra vizi e virtù, da Hildegard von Bingen a Prudenzio - Fontana Editore

La Lena e le rose d’oro: dialogo tra vizi e virtù, da Hildegard von Bingen a Prudenzio

Paola Gabrielli

Immagino una scena fuori dal tempo.
Sono in una sala di pietra, accesa da una luce dorata che filtra dalle finestre strette. Davanti a me, Hildegard von Bingen siede composta, le mani intrecciate sul grembo, lo sguardo vivo come se fosse capace di vedere oltre il visibile. Ai suoi piedi, un leggio antico reca manoscritti miniati: foglie di pergamena che profumano di storia.

Accanto a lei, un’ombra si materializza: è Prudenzio, il poeta tardoantico, padre della Psychomachia, il poema in cui le virtù e i vizi si affrontano in un’epica battaglia dell’anima.

Io, con il mio libro La Lena e le rose d’oro stretto tra le mani, prendo fiato.

— «Vi leggerò un passo» — dico — «che parla di una donna e del suo viaggio interiore, tra tempeste e giardini segreti, tra spine e petali d’oro».

Leggo, e le parole prendono forma. Nei miei personaggi, i vizi si insinuano come ombre: l’avidità che stringe il cuore, la superbia che acceca, l’inerzia che paralizza. 

Ma, come nei testi di Hildegard, non c’è condanna sterile: ogni vizio ha la sua cura, ogni ombra può essere illuminata dalla virtù corrispondente. La pazienza che scioglie la collera, la giustizia che bilancia l’avidità, l’umiltà che dissolve la superbia.

Prudenzio annuisce:
— «La battaglia che tu racconti è la stessa che io vidi secoli fa: l’anima come campo di guerra, dove la virtù deve armarsi e il vizio cerca sempre nuove strade».

Hildegard sorride:
— «Eppure la vittoria non è solo conquista. È armonia. Io ho visto la virtù come luce verde che rifiorisce nella creatura, un canto che la ricongiunge alla sua sorgente».

In quel momento comprendo che La Lena e le rose d’oro non è solo un romanzo, ma un ponte. Da una parte, l’eredità medievale e visionaria di Hildegard, che vede la natura come specchio dell’anima. Dall’altra, la drammaticità latina di Prudenzio, che narra la lotta come un poema epico. Nel mezzo, la mia voce, che cerca di unire questi mondi per parlare all’oggi.

Perché i vizi e le virtù non sono reliquie di un passato remoto: continuano a danzare, scontrarsi e riconciliarsi in ciascuno di noi.

E, forse, leggere queste pagine ad Hildegard e a Prudenzio significa riconoscere che la loro battaglia è ancora la nostra — ma che, tra le spine, possiamo sempre trovare una rosa d’oro.

Ps: Il mio saggio "La Lena e le rose d'oro" è stato premiato con il Premio Clio nella sezione G - saggio breve artistico-letterario - del Premio Vitruvio-Le Muse 2025. 


Torna al blog

Lascia un commento

Si prega di notare che, prima di essere pubblicati, i commenti devono essere approvati.