Piccolo bignami di sopravvivenza interiore - Leonardo Anfolsi

Piccolo bignami di sopravvivenza interiore

Leonardo Anfolsi

La mia risposta a una carissima amica che ha aggiunto al suo graditissimo Buon Natale anche un onesto “Palestina Libera”…

La mia risposta: finché il mondo non è libero TUTTO, quindi in noi, e finché planano bombe quasi intelligenti e perfino i difensori della Palestina sono manovrati da quegl’altri con ogni false flag, o usano come scudi umani i propri conterranei, niente si può compiere. Il karma si produce inevitabilmente, con le sue ombre, in riflessi mortiferi:  

  1. mai essere in una tempesta di neve senza pneumatici adatti o, addirittura, esserci in viaggio (bisogna togliersi per tempo);
  2. la tempesta dura “poco” e in un territorio limitato (evita quello spazio-tempo);
  3. il karma altrui non puoi fermarlo, se riesci a gestire il tuo ti va fatta grassa;
  4. i carnefici possono essere fisicamente fermati SOLO da qualcuno che abbia più potere di loro e…;
  5. anche questi deve essere capace di attraversare le tempeste di neve incolume e aspettare il momento giusto per agire operando-in-modo-speciale (ma questo non eviterà ulteriori morti sullo scacchiere);
  6. la contestazione popolare è un mito simpatico, accorato, caloroso, ma quasi mai effettivo e, fra l’altro, di sovente inventato e studiato a tavolino dagli stessi irreggimentatori di genti;
  7. non verranno mai tempi perfetti e meravigliosi, come nemmeno la terra esploderà di calore o di odio, ma ovunque nasceranno persone eccezionali e ignote, come è sempre stato: come hanno fatto coloro che hanno dato il massimo dono al mondo a manifestarsi pubblicamente rimanendo cari ai più (es. Dante, Virgilio, Hildegarda, Rumi, Ba'al Shem Tov, Yogananda, Shakespeare, Bruno Ficino)? Come hanno fatto con arte sottile e solerte a penetrarne le difese? Il karma non è una sciocca scusa per non dover pensare a cose orribili ma ci insegna a vedere il meglio anche sotto una pioggia di bombe. A ognuno le sue.


Una ragazza ebrea, Etty, cercò di informare il sinedrio rabbinico che Eichmann non era un loro amico e che coi carri bestiame piombati non stessero portando gli ebrei al giulebbe ma al massacro. Non fu ascoltata, ma decise di farsi deportare anche lei; io non lo avrei fatto, mi sarei tolto dalla tempesta di neve, anche a piedi e abbandonando l’auto dov’è; ma è interessante ciò che accadde. Etty, passeggiando lungo il filo spinato, in stato di estasi, percepì lo splendore e l’amore del mondo presso il campo di Westerbork.

Nel buddhismo la si paragonerebbe a Ksithigarbha (il Buddha che scende negli inferi), mentre chiamiamo Avalokiteshvara (Colui che ode i suoni del mondo) la vertiginosa mente illuminata e compassionevole, e si chiama Akashagarbha  (Colui che prende ogni forma utile per insegnarci riportandoci alla realtà). L’ho incontrato varie volte, e ce l’hanno sia gli ebrei che i musulmani: i primi lo chiamano Enoch, i secondi Khidr. Vedendo il mondo dalle sue radici si inizia a diventare il mondo e a seguire gli inevitabili decreti del Cielo.

Sopravvivere non è necessariamente un premio, vivere accade anche senza avere un corpo e i cosiddetti “morti” sono in un luogo dove possono esperire il vivificante mistero di tutto e dove le lacrime sono lavate dalla loro stessa inconsistenza di rugiada mattutina.

È meglio riconoscere la luce inestinguibile che è “noi”.

Le belve umane non riconoscono il mistero ma vi affogano, terrorizzate, quasi senza fine: “Com’è in alto così è in basso”.

Il tempo è immoto e vivo nell’eterno, si agita in esseri innumerevoli, e così la realtà si rivela da sé in noi quando la accogliamo diventandone della stessa natura vivissima. Vivere è un mistero ENORME che non si può evitare e da cui non ci si può salvare. È del tutto privo di “ignoto”, non è altro che splendore. La luce del nostro volto-occhio è inevitabilmente, eternamente accesa.

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