Gnosi Cristiana e triplice battesimo Fontana Editore

Gnosi Cristiana e triplice battesimo

Antonio Bonifacio

Alcune considerazioni sul triplice battesimo iniziatico a Nazaret.
Nonostante i grandi mutamenti che coinvolgono gli assetti dottrinali del cattolicesimo, in questa nostra contemporaneità, la cui Pastorale sembra addirittura incaricarsi di influenzare e adattare la Dottrina al mondo contemporaneo (si veda, a proposito, di ciò la recente dichiarazione del card. Reinhard  Marx che sostiene che il Catechismo non è scritto nella pietra e quindi può mutare in ragione dei cangiamenti della società contemporanea) l’idea di una gnosi e di un esoterismo cristiano suscitano, nelle gerarchie ecclesiastiche, la stessa disgustata riprovazione che generava tra gli eresiologi circa sedici secoli fa.

Eppure, a motivato e documentato parere dello scrivente, la gnosi, piuttosto che un corpo estraneo al cristianesimo ne è l’in sé, essendo innescata la sua presenza alla sua origine ed essa, conseguentemente, promanerebbe dallo stesso Cristo, distinguendosi in ciò dal complesso dello gnosticismo che ne sarebbe epifenomeno successivo.

In questo brevissimo intervento, propedeutico a uno studio di ben più vasta dimensione,  s’intende mostrare come la connotazione gnostica del cristianesimo lo caratterizzi originariamente come documentano le fonti stesse. Gli autori che ne parlano, sono spesso ecclesiastici, che non hanno mostrato la minima remora a utilizzare il frasario proprio dei misteri pagani, quando hanno dovuto illustrare le varie tappe del rito cristiano essenziale  per il conseguimento della “Conoscenza”, ovvero il triplice battesimo, articolato in tappe successive denominate nell’Ordine Battesimo di Fuoco, di Acqua e di Spirito Santo.

Tale complesso rito si praticava proprio a Nazaret, il villaggio nel quale, non solo visse Gesù e la sua famiglia, ma vissero anche i suoi successivi parenti e per ben tre secoli  conservando gelosamente il lascito verbale lasciato dal Cristo stesso e per conseguenza  le modalità di culto relative ai suoi insegnamenti.

Andiamo per ordine sull’argomento facendoci aiutare in questa nostra esposizione dai contributi di qualificati autori che si sono espressi sui temi appena anticipati con argomentata perizia.

A proposito di questo possibile “cristianesimo esoterico originario” il ricercatore Claudio Lanzi scrive:

La sostanziale differenza ‘ermetica’ tra il cristianesimo ed altre tradizioni consiste nel fatto che mentre la liturgia ufficiale e la ritualità sacramentale si sono progressivamente staccate dalle modalità iniziatiche del proto cristianesimo, la comprensione della ritualità occulta è stata sempre riservata realmente a pochi iniziati e sono state trasmesse regolarmente proprio perché occultare nell’immenso patrimonio misterico, visibile a tutti ma comprensibile a pochissimi. (Claudio Lanzi: Ermetismo e mistica pag. 9)

Questo patrimonio occulto di cui parla il ricercatore è verosimilmente rintracciabile in più costole dell’insegnamento gesuano. Una di quelle che oggi sono di nuovo particolarmente indagate è quella essena e sul contributo originale dell'ecumenismo insistette molto padre Mario Canciani condensando i risultati delle sue ricerche nel volume specificamente dedicato al tema del pasto eucaristico che reca il significativo titolo L’ultima cena degli Esseni. Questi scrive:

“In seguito a ciò, si ebbe sul Sion, l’elezione del primo vescovo cristiano di origine non ebrea. Cominciò allora a sbilanciarsi l’equilibrio tra la Chiesa dei Giudeo Cristiani circoncisi e i Cristiani di origine greca, che si accentuerà poi con la venuta dei Bizantini. È più facile allora pensare come sia finita, come un ramo secco, la Chiesa Giudeo Cristiana che rappresentò sino al quarto secolo una spina nel fianco della Chiesa che aveva invece progetti universalistici” (M. Canciani:1995, 47).

La tesi di Padre Canciani, che sostanzialmente riprende quella pregressa di Padre Pixner che è pressoché lo scopritore del quartiere esseno a Gerusalemme di cui la Santa Sion è parte, è che l’ultima Cena Pasquale del Cristo sia stata una cena essena (vegetariana quindi). Questo fa si che un’altra impeccabile studiosa del tema, ovvero Vittoria Laura Guidetti abbia inclinato a definire questo primigenio giudeo cristianesimo con un nuova indicazione, ossia esseno-cristianesimo, sulla scorta dei suoi studi su Giacomo (il fratello di Gesù), l’uomo che verosimilmente viene indicato nel Vangeli con il “portatore di brocca”.

Queste nuovi contributi non fanno che confermare l’opinione che Henry Corbin espresse chiaramente sul tema, ormai decorso mezzo secolo fa, che, difatti, scrive:

“Nel comune richiamo all’ascendenza essenica dobbiamo leggere l’aspirazione a un cristianesimo troppo presto scomparso dalla storia esteriore, aspirazione che non può capitolare davanti alle violenze di questa”. (H. Corbin: 1983  pag. 229).

A questa categorica affermazione si può coniugare questa successiva del medesimo autorevole che, come ben si vede, concorda con quanto ha scritto padre Canciani circa il progressivo allontanamento della originaria consegna gesuana a Giacomo il giusto “santo già nel ventre di sua madre” primo vescovo dalla chiesa madre di Gerusalemme la cui esistenza fu soffocata dalla tenaglia dell’ebraismo ortodosso e del cristianesimo paolino. Si legga il brano:

"Ma intanto un altro cristianesimo comincia a conquistare il mondo, un cristianesimo ben lontano dalla dottrina e dalla gnosi professate dalla prima comunità apostolica di Gerusalemme fondata da coloro che furono i compagni del Cristo; così lontano che questa dottrina fu descritta e considerata dai Padri della Chiesa come una “abominevole eresia” (H. Corbin:1983, 230).

Questo insegnamento, come si vedrà appena più in avanti, costituisce un deposito iniziatico e questa affermazione è direttamente confermata da padre Emmanuele Testa, autore di un poderoso e insuperato studio sul giudeo cristianesimo (pubblicato nel 1961 e ristampato nel 2004) che presenta questa sua “immane fatica”, in questi termini  che, più d’ogni altri, hanno promosso la nascita dello scritto in elaborazione e di cui questa intervento rappresenta in sinossi: “I riti d’iniziazione dei vivi e dei morti (presso i giudeo cristiani n.d.r.) avevano lo scopo di facilitare il buon viaggio del mistico o del defunto dalla terra o dalla tomba alla presenza di Dio, attraverso le tre regioni cosmiche: la tomba, l’aria, e i sette cieli che si trovano nel Chenoma e nel Pleroma” (un itinerario animico che era definito Il “buon” viaggio mistico).

Il potenziale di questa frase è, ad avviso di chi scrive, davvero enorme dal momento che si esplicita che l’iniziazione cristiana (e padre Testa allude al triplice battesimo di cui parlerà abbondantemente nel suo testo quale elemento perspicuo dell’iniziazione) consisteva in un “viaggio”  nelle  regioni aeree e “oltre”, secondo un consolidato pattern iniziatico ubiquitariamente diffuso. Questo viaggio, in coerente similitudini alle esplorazioni ultramondane descritte nei vari Libri dei morti egizi, che non si stanno qui a enumerare, il cui carattere iniziatico è valevole appunto sia per i vivi come per i morti  (ciò è riconosciuto da molteplici studiosi), poteva compiersi coscientemente anche dopo il decesso, indirizzando l’anima, resa ritualmente stante e non cadente, verso la “salvezza” (comunque  si voglia intendere il termine) in contraddizione con quello che esprimono odiernamente i Novissimi su tale tema.

Che questa iniziazione fosse una forma di gnosi (conoscenza nel senso iniziatico del termine, non quello comune che attiene al piano dell’erudizione) ce lo dice lo stesso Padre Testa con queste importanti parole:

“La teologia cristiana, dal primo al quarto secolo, amò manifestare la propria fede, più che con formule teologiche e metafisiche (come farà invece la greco-latina) con un sistema simbolico di segni, quasi proiezione della fede creduta. Tale sistema suscitò nel cuore dei fedeli una tendenza pronunziata a una GNOSI più profonda, a un amore sentito del mistero”, etc.

Questo è solo uno dei molteplici esempi che possono far comprendere come, accanto al sacrificio redentivo (comunque non menzionato nella lettera evangelica di Giacomo), il Cristo abbia portato la conoscenza del Mistero del Regno, inteso come realizzazione di una escatologia al presente e non quindi inteso solo come una salvezza differita.

Il Testa, ad esempio, parlando di una specifica categoria di croci - le “croci-stella” esattamente -, una delle innumerevoli tipologie di croci presenti nel giudeo cristianesimo scrive che, sia la prima che la seconda venuta del Messia, è stata (e sarà) anticipata dal comparire di una certa stella nel cielo contraddistinta da una speciale brillantezza e così si esprime in ordine al prodigio di nuovo atteso: “Si identifica pure con la croce gloriosa sbocciata dal germe messia, secondo Is.11,1 per apportare al mondo tenebroso del peccato, la luce della vera gnosi” (E. Testa: 282-283), Tale concetto è ripetuto nell’interpretazione del brano del Protovangelo di Giacomo che parla della luce della stella di Magi; “perché la stella cometa simbolizza la luce del Messia che dissipa le tenebre; essa non è altro che la vera gnosi” (ibidem 285). Concludiamo con un altro passaggio tratto dal Testamento di Levi "La sua stella sorgerà dal cielo, come quella di un re, irraggiando la luce della gnosi, come il sol il giorno...”.

In sintesi è evidente che la “vera gnosi” è stata e sarà di nuovo portata da Cristo in persona e, del resto, diversamente non potrebbe essere nell’ambito di questa Tradizione che è parallela a quella contenuta in altre “vie” e aperte da altri “Maestri”.

Così scrive L.M.A. Viola a proposito: “La via puramente gnostica costituita da Pitagora Apollo non differisce essenzialmente dalla via puramente pneumatica istituita da Gesù Cristo né da quella istituita da Budda Sakyamuni, espressioni, in contesti e forme religiose diverse, del medesimo principio dell’Intelletto Eterno di Dio, del Dio considerato nella sua assoluta infinità metafisica, perciò incondizionato e sovrapersonale” (L.M.A. Viola: 2017,111).

Questo valga come inquadramento d’ordine generale del tema; ora, invece, è opportuno passare a osservare più in prossimità il rito iniziatico che si conduceva a Nazaret sempre basandoci sulle fonti più qualificate e dirette. È stata proprio un’equipe di archeologi francescani (custodi della Terra santa) che ha pubblicato fondamentali testimonianze del triplice battesimo:

La Gnosi Cristiana

Questo apparentemente semplice mosaico contiene una quantità di “informazioni” davvero stupefacente in ordine al viaggio cosmico proprio della iniziazione battesimale cristiana che si compie dal chenoma al pleroma e la cui conclusione era l’indiarsi del battezzato.

Innanzitutto va giustificata la presenza della famiglia di Gesù a Nazareth e il supporto documentale lo riferisce in due passaggi il francescano padre Jean Briand che scrive: “Tuttavia nel secondo secolo Nazaret cominciò a essere conosciuta dagli ambienti cristiani della Palestina precisamente a causa dei ricordi conservati gelosamente dalla famiglia di Gesù. Sappiamo, in effetti, da Giuliano l’Africano che “i parenti del Signore” vivevano ancora nel III secolo e conservavano le genealogie della famiglia” (La chiesa primitiva nei ricordi di Nazaret: 1993,18) e successivamente: “I risultati li conosciamo bene: fu la scoperta dei luoghi tradizionali dell’Incarnazione e della Vita Nascosta del Salvatore, costituti di tutto un insieme di grotte, di sili, di cisterne, vasche e pavimenti in mosaico, graffiti, iscrizioni disegni e segni simbolici. Tutto questo ci parla della vita religiosa dei giudeo cristiani e ci offre prove di un valore inestimabile sull’autenticità dei due più grandi santuari di Nazaret” (i due santuari citati e descritti sono l’attuale basilica dell’Annunziata o Annunciazione e la Chiesa di San Giuseppe).

La Gnosi Cristiana 2

Nella stessa grotta della basilica dell’Annunziata o dell’Annunciazione è presenta questo altro supporto meditativo il mosaico. Mandala della grotta di Conone che simbolizza la rivoluzione dello zodiaco intorno a Cristo.

A questi parenti del Signore (nazareani) si aggiungono nella località quei seguaci di Giacomo fuggiti da Gerusalemme in occasione della rovina del Tempio, che sono denominati Nazareni e che avevano un proprio Vangelo (forse proto Matteo), ovvero l’assai diffuso Vangelo degli Ebrei. Di ciò scrive il ricercatore Paolo Galiano sulla scorta degli studi di Padre Testa “È dunque a questi Nazareni che appartenevano le grotte di Nazareth, di cui parla Eusebio lodando Costantino per aver glorificato con i suoi monumenti - cioè le chiese da lui erette nel IV secolo d. c. - le grotte in cui il “Cristo salvatore di tutti, come attesta la verace storia, fece l’iniziazione dei suoi discepoli ai misteri arcani” (altro che proclamazione sui tetti! n.d.r.) (Laude Cost. IX in Pl 20,137, Vita Const. III 43 in Pl 20 1102).

Per conseguenza Padre Testa sottolinea come:

“Tali riti di iniziazione e altri simili, non solo erano praticati da correnti eterodosse o da fedeli fanatici, ma erano un elemento comune a tutta la corrente giudeo cristiana, accettato anche dal clero ortodosso. Eusebio infatti loda Costantino per aver nei suoi monumenti, glorificato le mistiche spelonche venerate da secoli…”.

Aggiunge Testa: “Anche se tale affermazione non abbia tale vantata base storica, pure ci testimonia l’opinione dei fedeli palestinesi al tempo del suo autore…”. (E. Testa:2014, 116)

Ciò si salda inoltre con quanto il medesimo Testa scrive a pag. 84 del medesimo testo “A Nazareth siamo senz’altro dinanzi a un ciclo d’iniziazione, raffigurato secondo i criteri praticati dagli ebrei cristiani, prima del trionfo dei Bizantini in Palestina”.

Forti di ciò, dopo questa brevissima esposizione che, ribadiamo, è propedeutica a un più vasto lavoro sul tema attualmente in preparazione, sarà perfettamente chiaro che il cristianesimo delle origini era “anche” una gnosi, accanto a una soteriologia di “semplice” salvezza, una gnosi il cui risultato era l’INDIARSI (come esplicitamente scrive Padre Testa nel suo libro) percorrendo una iter iniziatico, superate le impegnative prove che impregnavano il neofita in un lavoro mistico principiato conoscendo i "misteri della “morte”, per poi innalzarsi ai cieli del settenario, fino al raggiungimento dell’Ogdoade. per concludersi, infine, nel Pleroma ovvero nelle “nozze spirituali nella camera nuziale.

Come detto, la repulsione per la gnosi da parte del cristianesimo della Grande Chiesa è stato ed è così pervasivo che persino la presentazione del libro di Padre Testa è stata manipolata dai suoi stessi confratelli che hanno aggiustato la sua frase “eclatante”, che si è  sopra riprodotta, sostituendo la parola gnosi con “diagnosi”, come si può di seguito leggere:

“L’introduzione storica che correda il volume avverte che la teologia giudeo-cristiana, dal primo al secondo secolo, amò manifestare la propria fede più che con formule teologiche e metafisiche (come farà invece quella greco-latina), con un sistema simbolico di segni, quasi a proiezione della fede creduta. Tale sistema suscitò nei cuori dei fedeli una tendenza pronunziata a una DIAGNOSI più profonda e ad un sentito amore del mistero. Il notevole contributo di P. Testa a questo interessante ramo di studi, non vuole essere soltanto un isolato lavoro di indagine storica; esso tende invece alla “riscoperta” delle varie comunità giudeo-cristiane scomparse nel fatale processo storico sotto la duplice pressione dell’Ebraismo ufficiale e del movimento etnico-cristiano più forte e meglio organizzato”.

Il che, ci sembra, è tutto dire.

Per questo H. Corbin ha potuto mostrare che queste tradizioni originali una volta perseguitate si nascosero, ma non certo scomparvero, anzi addirittura assunsero un’altra forma religiosa, quasi a costituire un tramandamento senza tradimento. Corbin infatti sostiene che, nei lineamenti della gnosi ismailita, si possa riconoscere il prolungamento di questi primigeni insegnamenti testimoni: “.. di un cristianesimo a molto tempo tornato nel paradiso degli archetipi; non solo il cristianesimo della gnosi, il cosiddetto giudeo-cristianesimo o ebionismo-cristianesimo radicalmente ostile ed estraneo al paolinismo che riconosce il primato e la precedenza non a Pietro, ma a Giacomo vescovo di Gerusalemme” (H. Corbin: 2013, 86).

Finora abbiamo sempre parlato di Nazareni e mai di Ebioniti. Entrambi i gruppi si rifacevano al fratello del Signore, anche se si ponevano teologicamente in maniera radicalmente difforme rispetto alla divinità di Gesù, ma, dato il carattere puramente introduttivo di queste note non appare il caso di entrare nello spinoso argomento che necessita di ben altri spazi per essere esaminato

Bibliografia:

  • Jean Briand: La chiesa primitiva nei ricordi di Nazaret, Francisacan Printing Press Jelusalem IV ed 1993.
  • Mario Canciani: Ultima cena degli esseni, Mediterranee Roma, 1995.
  • Henry Corbin: L’immagine del Tempio, Boringhieri, Torino, 2013.
  • Henry Corbin: Tempo ciclico e gnosi ismailita, Mimesis ed. Milano-Udine, 2013.
  • Jean Danielou: La teologia del Giudeo-crisrianesimo, EDB, Bologna.
  • Claudio Lanzi: Ermetismo e mistica, Simmetria, Roma 2018.
  • Bargil Pixner: Sulle strade del Messia. Luoghi della chiesa primitiva alla luce delle nuove scoperte archeologiche.
  • LMA Viola: Sulla via della salute, Victrix, Forlì, 2017.
  • Emmanuele Testa: Il simbolismo dei giudeo cristiani, Franciscan Printing Press, Jerusalem, 2004.

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