La dura vita dei filosofi ebrei, tra ragione e rivelazione. Aristotele e la Torah
Dopo Saadia continua anche nella nascente filosofia ebraica, e nel resto del mondo intorno ad essa, il REVIVAL ARISTOTELICO accompagnato però ad un certo punto dall’inizio del dispiegarsi di un pensiero dualistico, metafisico ed astratto ispirato a Platone, che nei nostri ambienti assume le forma di un NEO-PLATONISMO GIUDAICO.
La parola “calda” del momento che è sulla bocca e sulla punta del pennino di tutti è “EMANAZIONE”. Legata ad essa segue la DEGRADAZIONE DELL’UNO ed Unico fino alla venuta in essere di questo mondo, deposito terminale di ogni vizio, male e corruzione, come ci possiamo aspettare se consideriamo il punto della Creazione in cui ci troviamo fisicamente, e dunque spiritualmente secondo i neo-platonici ebraici, più distanti dalla dimensione in cui dimora l’Idea-D-o.
Queste erano le idee portanti di un testo famosissimo e fondamentale in tutto il mondo medievale, anche fuori dall’ambito ebraico o islamico, noto come “FONS VITAE” un testo scritto in Spagna da un ebreo. Un filosofo. Un teologo e non solo.
Ma chi era costui? Il testo in sé ci è pervenuto ANONIMO.
Ci sono voluti otto secoli per scoprire l’autore. Finalmente nel corso del XIX secolo appare inconfutabile che il misterioso autore è un filosofo ebreo dal nome arabeggiante. SHLOMO (Solomon) BEN YEHUDAH IBN GABIROL altrimenti noto come "AVICEBRON"
In pratica Ibn Gabirol disse quello che per molti versi ci diciamo ancora oggi. La Fede è una cosa a sé, la filosofia non può fare la critica alla fede perché appartengono ad ambiti diversi, anche se il Platonismo emanatista sembra essere una forma filosofica capace di avere argomenti che sembra corrispondano all’essenza della fede e che possa questo possa essere una sorta di sua la traslitterazione nelle forme della filosofia. E per quanto gli scocciasse abbastanza anche Ibn Gabirol alla fine ammette, pur non esplicitamente, che il destino di Aristotele è quello di finire superato nel tempo come tutti ma che come epistemologo che per primo ha dettato le regole operative del Logos con un sistema di sillogismi assiomatici che collocavano il fenomenico negli appositi contenitori categoriali è di insostituibile utilità e si colloca a monte e matrice del pensiero logico e scientifico umano. Lo è per molti versi tuttora.
Trascorrono altri 130 anni prima che veda la luce a Cordoba in Spagna il filosofo ebraico per eccellenza, l’uomo polumèkanos per eccellenza: l’enciclopedico MOSHE BEN MAIMON, detto "MAIMONIDES", conosciuto nel mondo rabbinico con il nome sintetico di “RaMBaM”. Medico, filosofo, talmudista, teologo è riconosciuto in modo presso che unanime come il vertice del pensiero ebraico per due motivi:
- la formulazione dei cosiddetti “Tredici Principi della Fede Ebraica”,
- il testo noto come “La Giuda dei Perplessi” (in ebraico: מורה נבוכים ?, traslitt. in ebraico: Moreh Nevukhim ?, arabo traslitt. delāla elḥā'irīn דלאל̈ה אלחאירין in arabo: دلالة الحائرين).
Il libro in sintesi ci dice: La Torah non è filosofia, la Torah è Rivelazione. Non di meno è anche chiaro a chiunque che il Mondo non è un caos, ma una struttura razionale. E che può essere compreso razionalmente. Chi usasse correttamente la razionalità comprenderebbe che queste due strutture – il Mondo e la Torah - sono in verità UN’UNICA REALTÀ. La Torah è il manuale di istruzioni rivelato che serve per comprendere il Mondo ed apprendere come agirvi. Se noi non riusciamo a vedere questo non è che questo significhi che il mondo è incomprensibile e/o che D-o è incomprensibile, ma significa solo che il problema siamo noi.
Ma il nostro problema di limitata capacità concettuale può essere risolto con la pratica della sapienza, che con l’esercizio e la guida dei maestri potrà diventare uno strumento razionale capace di affrontare l’analisi critica della complessità del mondo. Ogni persona che giunge al grado evolutivo di essere razionale sarà in grado di capire la Rivelazione ed il Mondo in pari misura.
Come filosofo il Rambam dà l’assoluta priorità all’Intelletto. Le stesse mitzvot prescritte dalla Torah (613 in tutto) filosoficamente sono rilevanti perché, nella coincidenza di Torah e Mondo come Unico Cosmos anti-caos, sono tutte mattonelle utili e necessarie su cui mettere i nostri piedi sul cammino che porta verso il Rational Enlightment cioè L’Illuminazione dell’Intelletto individuale. Ed “individuale” è una parola importante.
Perché Maimonide capisce che quello è il livello in cui si manifesta ed opera l’Illuminazione. La Torah in confronto è un tema collettivo, sociale, identitario, è stata scritta per essere letta ed insegnata alle masse. Il saggio deve invece rivolgersi ad un certo punto alla Filosofia, perché è solo lei quella che risveglia, forma e riempie di contenuti il “Sekhel Hapoel” , שכל הפעיל, l’Intelletto Attivo dell’uomo-Filosofo.
Più sarà alto e completo il tuo Sekhel Hapoel, e più del Divino si rivelerà a te. Il Tana”kh è pieno di profeti e profezie. Ebbene questa profezia è solo il manifestarsi in forma umanamente intelleggibile del Sekhel Hapoel Divino > a beneficio del nostro personale Sekhel Hapoel.
La Torah è un documento RIVELATO che manifesta il DIVINO SEKHEL HAPOEL che ha formato e forma tuttora questo universo nel processo continuo della Creazione...
CHE COINCIDE DAL NOSTRO PUNTO DI OSSERVAZIONE UMANO CON > la "FILOSOFIA NATURALE", come la chiama il RaMBaM, che è la "SCIENZA" e che è altresì la "RAGION PURA" del sapiente che nelle l'Universo e ne comprende leggi, fini e segreti come quando esso si accosta alla Torah. L'Universo è un testo Sacro. Il Testo Sacro è una rappresentazione dell'Universo. L'uomo può procedere nella conoscenza dell'Uno e dell'Altro usando il Logos correttamente.
Il Rambam in realtà come vediamo era un intellettuale lievemente snob. I suoi intrlocutori, quelli con cui può accettare di spendere energie e tempo sono gli altri Filosofi, gli Scienziati, I Teologi, gli uomini superiori alla ricerca della sapienza. Non il Popolo, quello è fuori dalla sua sfera attiva e relazionale. Per loro però fa il bel gesto di enucleare, formulare e sistematizzare i 13 principi della Fede. Una sorta di fioretto, diciamo così.
Ma a questo punto è indispensabile chiarire certi concetti fondamentali circa il contesto culturale di Maimonides: Naturalmente anche un vero gigante del pensiero come Maimonides non può nascere dal nulla. E' un albero che svetta sopra al resto della foresta, ma, per l'appunto, intorno c'è una foresta. Solo persone profondamente disoneste dal punto di vista etico e professionale potrebbero tacere delle matrici culturali non-ebraiche che hanno fatto di Maimonides, Maimonides. Storicamente gli ambienti accademici israeliani sono per questo motivo purtroppo da considerarsi "biased" per poter recepire i loro materiali. Non esisterebbe il RaMBaM senza l'epoca di un secolo e mezzo precedente la sua nascita dei c.d. Traduttori che riversarono in arabo le opere dei Filosofi Classici, e soprattutto l'opera di Aristotele. La Spagna islamica era un insieme di piccoli regni feudali in lotta continua tra di loro, le Tarife. Ma ufficialmente essi erano province dell'Impero Islamico, il Califfato, la cui capitale era a Bagdad, Ed a Bagdad lavorarono all'università internazionale del califfato, la Domus Sapientiae (in arabo Bayt al-Hikhma, ebr. Beit haKochmah ) gente come Al-Farabi e soprattutto Al-Kindi. Se lo consideriamo per un attimo vediamo che Abū Yūsuf Yaʿqūb ibn Isḥāq al-Kindī, in arabo: ﺍﺑﻮ ﻳﻮﺳﻒ يعقوب بن اسحاق الكندي, fu un musicista, astrologo, matematico, filosofo, fisico, astronomo e scienziato arabo ed islamico. Al-Kindi fu il primo dei filosofi peripatetici musulmani ed è famoso per aver introdotto la filosofia greca, soprattutto platonica ed aristotelica nel mondo arabo. Ecco le sue maggiori influenze: Maometto, Aristotele, Jabir ibn Hayyan, Socrate, Plotino, al-Khalil ibn Ahmad, Ibn Zuhr, Wasil ibn 'Ata'. E lui è stata una delle principale influenze di Maimonide. Ma soprattutto non dobbiamo credere assolutamente alla baggianata New-Age per cui la Spagna medievale era piena di Sufi che non sapevano più dove metterli. I sufi sono una ristrettissima minoranza intellettuale. Uno dei 4 indirizzi possibili di ermeneutica del Corano. I più diffusi erano Il Fiq, cioè la giurisprudenza; il Kalam, cioè la teologia; il Falasifa, la filosofia e la morale. Sicuramente il 2° ed il 3° erano il terreno di vocazione di Maimoniodes, e lo furono per tutta la sua vita. il RaMBaM personalmente avrebbe rifiutato in toto come un'aberrazione il Wahdat al Wujud di Ibn'Arabi, che invece fu la base dell'ispirazione dei cabalisti ebrei, da Abulafia a Gikatilla e Nachmanides. Quando vedo citare da qualcuno Maiomonides come "Maestro di Kabbalah", mi viene spontaneo il desiderio di prendere con calma una chiave inglese e recarmi all'indirizzo del malcauto. Ma poi mi riprendo, mi controllo e sorrido. Dei figli di Maimonide, almeno due, Abraham Ben Maimon ed Obadiyah Ben Maimon, possono invece essere annoverati tra i filosofi ebraico-sufici del medioevo sefardita.
Di Aristotele il Rambam accetta praticamente tutto salvo un punto: nega l’argomento aristotelico dell’ “ETERNITÀ DEL MONDO”. Al filosofo greco lui obietta che Genesi 1:1 dice “Bereshit barà Elo-im”. Cioè prima dell’atto del “barà” non c’era nulla del mondo fisico. La Creazione per il Rambam è un evento che si manifesta “ex-nihilo” ( מאין יאש “Yesh me Ain”) e questa è un’affermazione molto significativa perché la prima volta che viene formulata da un filosofo ebraico che la fa entrare nel bagaglio della filosofia ebraica. La Kabbalah invece, concentrandosi su di una cosmologia inizialmente anti-emanativa basata sul concetto di Tzimtzum = Contrazione del Divino per creare uno spazio vuoto apparentemente altro da sé in cui porre la sua creazione, sosterrà che essendoci solo D-o al livello reale e pieno dell’Essere (Ein od Milvado) D-o non crea dal “nulla” ma traendo da Se stesso. Anche se è ugualmente vero che nel livello per noi inconcepibile dell’essere prima di tutto (senza spazio, tempo, dimensioni, causa effetto, materia, spirito, molteplicità e divenire)
D-o è Yesh ma è anche Ain contemporaneamente, nel senso buddhistico di Nulla / Nothing = no-thing , cioè stato che contiene ogni cosa reale ed irreale, possibile ed impossibile allo stato potenziale a monte della stesa idea di una qualsiasi cosa.
È più che evidente allo stato delle rispettive opere che se a Filone qualcuno gli avesse chiesto un parere sullo Yesh me Ain (ex-nihilo) lui avrebbe detto “WTF?!”. Nella Guida dei Perplessi il Rambam si abbandona a passaggi altamente enfatici: prima del divino RATZON (cioè volontà) di creare il Mondo non esisteva alcunchè tranne D-o.
Ma ad un certo punto irrompe e circola insistentemente negli ambienti filosofici del Mediterraneo Occidentale un problema piuttosto spinoso:
- La Divinità è Eterna, il Mondo invece finito nello spazio e nel tempo.
- La Divinità è non solo Onnipotente ma anche Onnisciente: conosce il passato il presente ed il futuro del Mondo e delle creature che lo hanno abitato, abitano e abiteranno.
- Dunque se prendiamo l’esempio di un uomo che è alle prese con un dilemma morale rispetto alla quale dovrà fare una scelta e compiere unicamente quell’azione che corrisponde a quella scelta con contemporanea esclusione non reversibile delle altre possibilità, coerentemente alle premesse fatte a proposito della Divinità, sembrerebbe di dover concludere che mentre l’uomo è incerto sul da farsi ed proprio è quello il momento del sorgere manifesto della sua dimensione etica. Se riconosce e vuole il Bene lo sceglierà e lo farà. Sembrerebbe per questo candidarsi a ricevere escatologicamente una ricompensa per questo. Poteva anche scegliere il male, liberamente. Questa cosa è il Libero Arbitrio. È un principio filosofico ed un postulato necessario per l’etica che non esiste se non si è in un contesto di libera volontà.
- Ma se la Divinità è onnisciente allora già sa, e sa da sempre, prima ancora che quell’uomo nascesse, che cosa deciderà di fare, ed infatti l’uomo agirà come D-o già sa. Ma come possiamo combinare la verità di queste affermazioni con la verità del libero arbitrio?
Maimonide si sforzò per decenni. La sua era sicuramente una delle menti più geniali della sua epoca. Eppure alla fine dovette ammettere che questo problema era per lui irrisolto. Le implicazioni apparentemente inestricabili della vexata quaestio avevano trasceso le sue possibilità di riuscire a conciliare le due affermazioni.
MA PRESTO SAREBBE ARRIVATO UN MATEMATICO EBREO CON UN'IDEA GENIALE.
Fine 2° parte