Recensione: Gli aforismi di Narada
Comincio questa recensione di Gli aforismi di Nārada di Valentino Bellucci con una premessa che ritengo doverosa. E lo farò riportando una frase che spesso soleva dire il mio Maestro: “Dio ha separato sé stesso da sé stesso... per poter amare sé stesso”.
E così eccoci qui all’interno di questo grande sogno cominciato attraverso la “caduta” nel mondo duale e manifesto, a lottare, ad amare e a soffrire fino a saziarci in maniera sufficiente da decidere ad un certo punto, di inoltrarci coscientemente in qualche sentiero che in qualche maniera ci riconduca a casa. Oramai abbiamo anche scoperto che di sentieri ne esistono diversi e che tutti, a loro modo, finiscono per condurre inesorabilmente alla stessa meta; a patto che, una volta scelto uno, lo percorriamo sino in fondo dedicandoci con serietà.
Nel corso dei secoli infatti, se non di millenni, ci sono state diverse figure più o meno carismatiche – i cosiddetti Maestri, sia della tradizione Orientale che di quella Occidentale – che ci hanno mostrato una “via di ritorno”. Questi personaggi diedero vita a delle vere e proprie correnti mistiche, iniziatiche e filosofiche; alcune di esse, dopo la morte del Maestro subirono addirittura un processo di “secolarizzazione” che sfociò nella nascita delle cosiddette “religioni”. Ad ogni modo, il fulcro della questione sta nel fatto che prima o poi ogni essere umano finisce per sentire il bisogno di immettersi nella “via di ritorno”. Ma quale via, dunque? Beh, sicuramente ognuno di noi finirà inevitabilmente per seguire quella che sentirà più affine con il proprio essere, quella via che percepirà essergli più congeniale. Ovviamente.
Tuttavia, esiste una strada che in un certo senso “accomuna” tutte le altre in quanto essa stessa ne costituisce le fondamenta ed incarna proprio quel medesimo principio base su cui ogni altra poggia, ovvero l’amore puro verso il Divino. Nella sua essenza, infatti, l’Assoluto in sé è Prema, ovvero amore puro e incondizionato che trascende la mente umana. Di conseguenza, l’essere umano stesso in quanto “scintilla divina” non può che essere animato dalla stessa energia, in quanto è proprio l’amore che lo muove e gli permette di raggiungere qualsiasi obiettivo. Ne deriva che una goccia d’acqua che cade nell’oceano, diventa illimitata ed uguale all’oceano medesimo.
Per questo motivo la Bhakti, la via della devozione a Dio, è una via Suprema ed è senza tempo: una via eterna. Non da meno, è una via “diretta”.
“Essa è come un’autostrada... una via rapida, diretta e sicura” diceva il mio Maestro, ricordandoci oltre a ciò che era anche “la più adatta in questo particolare ed oscuro periodo storico”; inoltre Egli asseriva: “il bhakta che si affida totalmente a Dio non deve temere più nulla poiché il Signore stesso si occuperà di lui; chi arde di amore puro per Dio diviene superiore anche a quei grandi asceti che hanno raggiunto la padronanza in ogni scibile”.
Di quest’ultimo assunto possiamo intravederne direttamente dei chiari esempi anche nella nostra tradizione Cristiana per mezzo di quei mistici e santi che vissero pienamente e costantemente immersi nell’amore di Dio, alcuni in tal maniera da sopportare addirittura il loro martirio. Alla luce di queste premesse, quindi, Gli aforismi di Nārada l’opera di Valentino Bellucci è un lavoro davvero encomiabile. Con il nobile intento di divulgare - ma soprattutto di risvegliare - questo prezioso messaggio all’interno della nostra società, la quale sovente sembra aver perso la rotta di viaggio al pari di una nave in balia della tempesta, l’autore si prende la briga di far conoscere all’occidente i versi originali del grande Nārada, uno dei saggi più amati della tradizione induista nonché uno dei più grandi esponenti del Bhakti-yoga, il quale, nel suo infinito amore, donò all’umanità dei sūtra (versi) in cui descrisse in maniera chiara e illuminata come fare ad intraprendere e a percorrere questa somma via.
Inoltre, per facilitarne la comprensione, Bellucci non si limita a riportarne solamente il testo, ma con l’aiuto di Swami Atulananda Acarya, altresì li commenta, “calandoli” contestualmente all’interno dell’odierna società con le sue caratteristiche ma soprattutto con le sue complessità: a tal riguardo, le “parole giuste” assurgono al ruolo di “chiavi” che vanno ad aprire ogni cuore sensibile al richiamo, spazzando via in esso le ultime nubi del dubbio o del fraintendimento.
Ma volgiamo lo sguardo alla saggezza di Nārada: la Bhakti è la massima forma d’amore verso l’Assoluto e colui che la ottiene diventa immortale, perfetto e pienamente felice. Paragonata ad altre vie, essa è quella più semplice per raggiungere la realizzazione poiché gli sforzi richiesti dalle altre vie, come l’ottenimento della conoscenza (Jñāna) non occorrono, per il fatto che la bhakti stessa concede la conoscenza; pertanto nella bhakti non solo è contenuto il “frutto” delle altre vie, ma possiamo anche dire che essa supera ogni rituale, la conoscenza spirituale e ogni altro scopo realizzato con lo yoga, perché il frutto di tutte queste attività è già presente nella sua stessa natura.
In questo assunto trovo una perfetta corrispondenza anche nelle parole del mio amato Maestro, il quale sosteneva: “Ci sono stati dei grandi Maestri che hanno enfatizzato il sentiero dell’azione (Karma Marga), il sentiero della conoscenza (Jnana Marga), dei differenti tipi di yoga e altri sistemi atti a realizzare Dio. Ma per tutti i casi, la corrente sotterranea che fluisce in ognuno di essi è la via di Bhakti, ossia il cammino dell’Amore Divino. Tutti riconoscono questo principio. L’amore è Dio. L’universo è permeato da Dio. Vedere Dio in ogni cosa, amare ogni cosa in quanto manifestazione di Dio ed offrire tutto a Dio come oblazione d’amore, significa percorrere il sentiero dell’Amore”.
Questa è la lieta novella! Un’autentica rivelazione che da sola dovrebbe bastare a smuovere i cuori di coloro che ormai pronti, al solo udirla sentono vibrare letteralmente le corde dell’anima.
Ed ecco allora che il testo di Bellucci si apre in tutta la sua preziosità; sì, perché nel suo infinito amore, Nārada non solo ci indica la strada, ma Egli si premura anche di accompagnarci per mano nel percorrerla, donandoci in questo senso tutte le “istruzioni” che ci sono necessarie per farlo.
In virtù di ciò, Narada ci descrive chiaramente quali sono le varie “forme” della Bhakti, ci illustra precisamente come dovrebbe essere la vita stessa del bhakta, ma soprattutto ci indica come realizzare la Bhakti.
Per il devoto che coltiva l’amore di Dio è essenziale abbandonare gli attaccamenti futili e sviluppare un’intensa devozione a Dio come principale fine della sua esistenza.
Per adempiere a questo proposito, diviene fondamentale per il bhakta frequentare buone compagnie poiché solo attraverso l’associazione con i buoni vengono promossi pensieri elevati; ne consegue che l’individuo deve cercare di evitare la frequentazione di persone malvagie ed immorali.
Con il tempo, i semi della vera devozione faranno accrescere nel cuore del devoto una fede risoluta ed incrollabile, l’inalterabilità di fronte alla gioia ed al dolore, al successo ed al fallimento e alla lode ed al biasimo; allo stesso tempo essa porterà alla purificazione riguardo agli attaccamenti e ai desideri; sono queste quindi le qualità che vanno a contraddistinguere un vero bhakta.
Man mano che il devoto diviene consapevole che l’universo è una manifestazione di Dio, egli fonderà sempre più la sua vita sul riconoscimento dell’immanenza di Dio in ogni cosa; ciò lo condurrà verso un “amore non dualistico” attraverso il quale egli potrà sperimentare l’unione con la Divinità. Assaporando la beatitudine che scaturisce da una simile esperienza, il devoto non desidera più neanche la liberazione (Moksha), poiché l’ininterrotto flusso d’amore per Dio sarà già tutto per lui. La rinuncia persino al desiderio della liberazione quindi, è un’altra caratteristica del bhakta in quanto proprio la stessa devozione... lo renderà un tutt’uno con Dio. A tal proposito Nārada stesso affermò: “L’amante di Dio rinuncia a tutto; è supremamente contento e vive immerso nella beatitudine del sé. Dotami d’un simile amore, o Signore!” (Thyago bhavati Thrupto bhavati, Atmaramo bhavati). Questo era proprio il tipo di devozione che le Gopi (pastorelle) nutrivano verso Sri Krishna, le quali poterono sperimentare la beatitudine divina attraverso la loro intensa devozione: esse vivevano costantemente nell’amore per Krishna, respiravano Krishna, si nutrivano di Krishna e Lo vedevano in ogni cosa: immerse nell’oceano dell’amore divino, le Gopi non potevano sopravvivere neanche un istante senza l’amore per Dio, proprio come un pesce non può vivere senz’acqua: un livello tale di devozione può essere sperimentato e capito solo da un vero bhakta, in quanto trascende l’umano intelletto ed il potere della logica.
“Siamo passati attraverso la pena di innumerevoli vite...”, sembra conclude infine il saggio Nārada, “non lasciamoci scappare questo prezioso insegnamento...” il Nettare dell’Immortalità.
Quest’opera di Bellucci, Gli aforismi di Nārada, mi è stata donata solo qualche settimana fa e sono convinto che di per sé un testo come questo non arrivi mai nelle mani del suo lettore per caso. Tutt’altro, è un autentico “dono” inteso nella sua più ampia accezione. E anche un invito. Un segno che Dio ci ama.