Io voglio vivere - Diktat contro lo Sviluppo Personale Fontana Editore

Io voglio vivere - Diktat contro lo Sviluppo Personale

“Io voglio vivere” è una frase che spesso viene pronunciata come cavallo di battaglia dai più o meno giovani.

Questo di per se non sarebbe un problema. Purtroppo, però, tale frase viene utilizzata per dare senso ad un aspetto molto deleterio per chi vuole aprirsi al mistero della consapevolezza.

Per comprendere questa affermazione, bisogna fare riferimento al passato. Un tempo i guerrieri sapevano che andare sul campo di battaglia significava donarsi alla morte. Lottare, anche con la paura, era un grande atto di coraggio. Tutto ciò era la manifestazione della propria prodezza che si manifestava in azione, in quanto il guerriero si sentiva parte della vita, parte dell’ineffabile manifestazione del divino dentro di Sé.

Oggi al posto dei guerrieri e i campi di battaglia vige l’eroe della nuova era, colui che affronta il più grande e subdolo nemico dei nostri tempi. Tale nemico si chiama “te stesso” o “ego”.

In coloro che ignorano la consapevolezza, la frase “Io voglio vivere”, viene utilizzata sul piano prettamente istintivo, animale e soprattutto viene identificato il “vivere” come incitamento al possedere, consumare e competere. Con un continuo comportamento adolescenziale, vogliono a tutti i costi dimostrare a se stessi e al mondo che loro vivono. In che modo?

Vogliono tutto e subito, vogliono possedere tutto, vogliono consumare tutto e di più, vogliono ubriacarsi di esperienze, fino all’assuefazione, in modo da volerne sempre di più. Consumano di tutto, le relazioni personali e l’amore. E soprattutto non sono consapevoli che così facendo, consumano sé stessi.

Queste persone assumono un modo di fare e quindi, come conseguenza, di essere, da vampiri. Il vampiro è colui che succhia il sangue, invece in questo caso, essi succhiano la vita senza assaporarla. La consumano solamente e inesorabilmente.

Ci troviamo di fronte ad un ammasso di carne che di vitale non ha nulla, per questo utilizzano il diktat “Io voglio vivere”.

“La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli. La maggior parte degli uomini, però, non conoscendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli intervalli.” (Friedrich Nietzsche)

Essi vivono come quando si è durante l’intervallo al cinema, tra il primo e secondo tempo. Tutti cercano di consumare popcorn, bere qualcosa, o andare al bagno. L’impressione è di essere sottoposti continuamente in un susseguirsi di tensioni prive di senso.

Nietzsche dice bene, non si riesce a vivere i momenti magici, in quanto non si è consapevoli della propria magia.

Si corre, ci si lamenta, si consuma e poi si crepa, senza assaporare l’attimo. Anche se, quando si parla con un vampiro dei nostri tempi, lui è convinto di vivere, perché, dentro di sé, crede di essere solo un ammasso di carne e basta.

Nel riprendere la differenza dal guerriero, cioè colui che vive con la consapevolezza di morire dall’oggi al domani, la prospettiva, anzi il vissuto è diametralmente opposto.

Come prima cosa non utilizza “Io voglio vivere” come diktat da manifestare al mondo. Il guerriero della consapevolezza lo utilizza dentro di sé in ogni momento, rispettando il lato divino insito nella propria esistenza.

Non gli interessa mostrare al mondo che lui sta vivendo, in quanto ne è consapevole, e questo basta. Quando si trova sul terreno di battaglia, attualizza la propria esistenza, anche con la morte. La morte non lo spaventa, anzi muore e rinasce in ogni momento.

Colui che vive nella consapevolezza, è vigile in ogni istante, mantiene tale stato in modo rilassato, in quanto la propria attenzione non è il frutto dell’azione mentale. Egli è come un felino pronto a scattare.

La sua affermazione “Io voglio vivere” nasce dal cuore che palpita di Luce, la quale proviene dalla Fiamma ardente attizzata dal proprio lavoro su di Sé.

Egli non ha bisogno di consumare, assapora il gusto di vivere momento per momento, senza la necessità di mostrarsi attraverso le suppellettili sociali e culturali. Lui vive e basta, in quanto il proprio vissuto è parte del creatore, in quanto creato.

“Io voglio vivere” dunque assume due significati:

  • il primo ha a che fare con il grido di dolore di colui che vorrebbe vivere, solo che non sa come si fa, in quanto si è perso nei meandri della propria mente e non ha un proprio centro. Quindi utilizza suppellettili sociali e culturali (mostrarsi, apparire, consumare, competere, lamentarsi, possedere, primeggiare, ecc.) per sentirsi vivo.
  • Il secondo significato è di carattere universale, nel senso che genera dall’essere aperti verso il mistero dell’universo. Consapevolezza è la presenza costante dell’attimo che si vive con apertura, come dispiegamento della propria luce. Si assapora il proprio essere divino che si manifesta nella quotidianità, nel fare, nel sentire, nell’amare e nel sentirsi a casa propria in qualunque luogo.
    Il vampiro, che è abbagliato dai suppellettili sociali e culturali, non vede altro, e soprattutto quando incontra il guerriero, lo vede come nemico, in quanto lo vede come un pericolo per il suo ego.

Colui che è abbagliato dai suppellettili sociali e culturali, quando sente parlare di consapevolezza e lavoro su di sé, ride e ritiene che siano solo vaneggiamenti mentali.

Cosa c’è che separa il vampiro dal guerriero?

Nulla li separa, in quanto tra loro vi è una strada da percorrere, da parte del vampiro, il quale non la vuole intraprendere. Cosa lo ferma?

Non si sente all’altezza, preferisce soccombere al suo stato di paralisi animica e crogiolarsi nella sua dimensione corporea, che crede essere l’unica dimensione nella quale poter vivere.

Quale è questa strada da percorrere, nei confronti della quale il vampiro si tira indietro?

“Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli Arcani della natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh, uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei.”
Oracolo di Delfi

Attraverso lo Sviluppo Personale, chiunque può accedere a Sé. A patto che lo voglia realmente, altrimenti il lavoro potrebbe gonfiare il proprio ego, quindi creare ancora più sofferenza.

La sofferenza si genera a fin di bene, solo che il neofita, che non vede ancora la luce dentro di se, inizia ad averne paura e si ritrae, chiudendosi a riccio. Non vuole sentire la sofferenza, la quale, invece, risulta essere un buon destriero sul quale cavalcare lungo la via che porta alla trasformazione.

Non vi sono alternative per togliere i serpenti dalla fossa, bisogna metterci le mani dentro e tirarli fuori uno alla volta. Solo così si può svuotare la fossa e rendere disponibile un nuovo spazio da utilizzare per accendere il proprio fuoco e dare inizio all’espansione della propria Luce.

Con il Manuale di Sviluppo Personale, ho segnato una tappa del percorso, cioè “iniziare” a trasmettere informazioni utili per chi vuole intraprendere un percorso di conoscenza di Sé. Attraverso la Cura di Sé, riuscire ad aprirsi alla propria Consapevolezza.

Con la Cura di Sé, intendo tutta una serie di azioni che coinvolgono il proprio “essere”: respiro, attenzione, movimento corporeo, immaginazione creativa, stato di flusso. Imparare ad utilizzare le proprie risorse di essere umano (le quali non sono poche), per sentire l’energia vitale che scorre dentro di sé.

Gennaro Ponzo

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