
Rosella Latella e la coscienza espansa: viaggio con le Piante Maestre
Rocco FontanaPsicoterapeuta, sessuologa, esploratrice dell’anima. Con Altri stati di coscienza e altre verità, Rosella Latella firma un’opera potente, intensa e fuori dagli schemi. Un libro che attraversa la soglia del visibile per raccontare cosa accade quando la mente si libera dai suoi automatismi e si affida alla guida silenziosa - e travolgente - delle Piante Maestre.
Tra esperienze visionarie, ritualità sciamaniche, sogni lucidi e intuizioni alchemiche, l’autrice ci accompagna in un viaggio di espansione della coscienza che non ha nulla di evasivo: è un ritorno all’origine, un confronto con l’ombra e una riscoperta dell’essenziale.
L’abbiamo intervistata per capire meglio il cuore pulsante di questo libro che sfugge a ogni definizione e che, proprio per questo, riesce a parlare all’interiorità di chi è pronto ad ascoltare.
Rosella Latella è psicoterapeuta e sessuologa. Vive e lavora tra La Spezia e Genova. Da anni tiene conferenze su temi legati alla psicologia junghiana, alla spiritualità e alla simbologia esoterica.
Domande:
1. Nel tuo libro racconti esperienze potentemente simboliche e trasformative vissute grazie all’incontro con le Piante Sacre. Cosa ti ha spinto a varcare per la prima volta quella soglia? C’è stato un momento preciso in cui hai “sentito la chiamata”?
R. Ho sempre avuto una sensazione di estraneità rispetto a quella che potremmo chiamare “realtà consensuale”. Cioè, tutto quello che, convenzionalmente, consideriamo reale. In effetti c’è molto altro. Misteri che non possono essere compresi sulla base dei nostri schemi e delle nostre categorie mentali. È un po’ la stessa situazione vissuta dal protagonista del film “The Truman Show”: si accorge che è tutto finto e vuole andare oltre, costi quel che costi: c’è una sofferenza e c’è tutto un fermento mentale per uscire da questa sofferenza. Io, dopo anni di ricerche spirituali, ho sentito che la dimensione visionaria mi è più congeniale rispetto a quella concettuale. Sogni, intuizioni e sincronicità mi hanno guidato, sempre di più e meglio. Fino a quando ho incontrato le persone giuste e ho iniziato il mio percorso con le Piante Maestre.
2. La tua scrittura mescola rigore psicologico, sapienza esoterica e vibrazioni poetiche. Che relazione c’è, per te, tra cura, simbolo e parola? La parola può essere medicina, come una pianta maestra?
R. In ambito psicoterapeutico, tra cura, simbolo e parola c’è un intreccio strettissimo ma, a mio modo di vedere, l’elemento fondamentale è la trance ipnotica: uno stato non ordinario di coscienza, in cui l’attività elettrica del cervello cambia, passando dal ritmo beta al ritmo alfa o anche al ritmo teta. Una sorta di “sonno sveglio” in cui il paziente è particolarmente ricettivo rispetto al lavoro terapeutico. L’ipnosi (mi riferisco a quella ericksoniana) è ideale per desensibilizzare antichi traumi e attivare risorse. E proprio nello stato di trance, parole, immagini, analogie, metafore, simboli… utilizzati dal terapeuta con la giusta destrezza, acquistano una grande potenza guaritrice. Dunque sì, nel contesto giusto e con lo stato di coscienza giusto, la parola può essere medicina. Più o meno come le Piante Maestre.
3. In un passaggio dici che Madre Ayahuasca “ti dà quello di cui hai bisogno, non quello che vuoi”. Qual è stato per te il dono più inatteso - o più difficile - ricevuto da queste esperienze?
R. Il dono più inatteso è stato l’esperienza travolgente e diretta del sacro. L’estasi. Sono diventata infinita rimanendo anche quella che sono. Ho sentito che Dio è amore non nel senso romantico o etico di questo termine, ma è amore inteso come fuoco. Come energia. L’energia più potente e più creativa che possa esistere. Quel mistero che chiamiamo Dio non è un’entità esterna rispetto a noi, ma è uno stato di coscienza che tutti possono sperimentare. Il dono più difficile è stato sentire la profondità del buio nel suo aspetto più risucchiante. Piuttosto terribile. Ma proprio in mezzo alla paura (direi in mezzo al panico) ho imparato che non ha senso lottare col buio. Piuttosto ha senso trovare il modo di accendere la nostra candela… in mezzo al buio che c’è.
4. Hai incontrato entità, visioni e stati percettivi “altri” rispetto alla veglia ordinaria. Da psicoterapeuta, come interpreti questa espansione della coscienza? È un’apertura verso mondi “immaginati” o verso mondi “reali”?
R. Ci sarebbe molto da chiarire sul concetto di realtà. Comunemente consideriamo reale ciò che esiste materialmente. Però la fisica quantistica ci ha insegnato che la materia è immateriale… nel senso che non esiste, dato che l’atomo è vuoto. L’atomo è una nube di energia. È vero che noi siamo programmati per percepire oggetti tridimensionali e solidi, ma se avessimo occhi quantici vedremmo solo un oceano di energia in continua ebollizione. Energia rarefatta o concentrata. Direi che esistono realtà diversamente vere. Dimensioni molto sottili e altre molto dense. Le Piante Maestre dilatano la nostra coscienza che comincia a oscillare da una dimensione all’altra. E questa esperienza è come un salto quantico: in un attimo, cambia la nostra visione del mondo e di noi stessi. Non è allucinazione e non è immaginazione. Il punto è che il nostro cervello, normalmente, funziona come una valvola riducente. Ha i suoi filtri che danno accesso a pochissime informazioni rispetto alle infinite che restano fuori. Le Piante Maestre neutralizzano questi filtri. E dunque, letteralmente, si aprono le porte della percezione.
5. Le immagini alchemiche, archetipiche e sciamaniche attraversano tutto il libro. Che ruolo hanno per te i simboli nei processi di guarigione profonda?
R. È utile chiarire cos’è il simbolo. In buona sostanza è qualcosa che allude a qualcos’altro. Un’idea per un’altra, un’immagine per un’altra. Per esempio, un seme che viene piantato è simbolo di crescita e di trasformazione. La nebbia è simbolo di confusione e di smarrimento. Dobbiamo sempre considerare due piani diversi: in qualcosa di materiale si manifesta qualcosa di sentimentale, in qualcosa di esteriore si manifesta qualcosa di interiore. Ogni simbolo ha più significati, anche opposti tra loro. Pensiamo al fuoco: è purificatore ma anche infernale, illumina e riscalda ma sa essere distruttivo. Ci sono simboli di una complessità infinita, come il serpente: col suo veleno può uccidere ma si collega anche alla conoscenza e alla guarigione. Sul serpente si potrebbe scrivere un libro… e forse non basterebbe. Jung diceva che il simbolo è numinoso, dal latino “numen”, che significa dio o spirito. Dunque, il simbolo ha in sé un’energia sacra e potente che segna e trasforma la nostra coscienza. Io, nel mio lavoro, do molta attenzione ai sogni. Il sogno si articola attraverso un linguaggio fatto di simboli. Oggetti, animali, persone, paesaggi… tutto, nel sogno, è simbolo. In genere, la nostra mente ragionante non comprende questo linguaggio e dunque considera i sogni una semplice bizzarria del cervello. Un grave errore. In realtà, la parte più saggia dell’inconscio (il nostro più grande alleato), attraverso i sogni vuole farci capire meglio noi stessi, vuole darci indicazioni su come affrontare i momenti critici e, qualche volta, anticipa gli accadimenti futuri in modo che possiamo essere pronti ad affrontarli. Non a caso, in tutte le società sciamaniche, si venera il “tessitore di sogni”: un’intelligenza che vive dentro di noi, per guidarci nel nostro percorso.
6. Parli della “viriditas” come forza fecondante e della sessualità come energia sacra. È un tema spesso rimosso nella spiritualità contemporanea. Come possiamo recuperare oggi una visione integrata di Eros e Spirito?
R. Mi sono riferita a Ildegarda di Bingen, monaca benedettina tedesca. Era anche profetessa, artista, filosofa e parlava della “viriditas”: il potere della efflorescenza e della fruttificazione, il soffio che dà vita, la potenza creatrice. In buona sostanza, Eros. L’energia sacra è questa. Un’energia che unifica gli opposti (apparentemente inconciliabili) e fa da ponte tra la dimensione umana e la dimensione divina. Pensiamo al Tantra: un insieme di insegnamenti spirituali che combina assieme sesso amore e meditazione. È un metodo per essere assorbiti nell’infinito. Attraverso il piacere si arriva all’illuminazione, alla liberazione. A ben guardare estasi e orgasmo sono lo stesso tipo di esperienza, cambia l’intensità. L’estasi è un orgasmo più potente, che ci porta alla beatitudine. Come insegna Lama Govinda, sacro e profano, samsara e nirvana, sensualità e spiritualità sono complementari. Due facce della stessa realtà. Secondo gli insegnamenti tantrici, ogni aspetto della vita quotidiana può essere trasformato in qualcosa di sacro.
7. Il tuo libro è un invito coraggioso a superare le paure e i condizionamenti per entrare in contatto con ciò che è più autentico. Cosa diresti a chi sente il richiamo, ma esita per timore di “perdersi” o di perdere il controllo?
R. Direi che perdersi e perdere il controllo è esattamente e puntualmente quello che succede con le piante sacre. I nostri confini si dissolvono e per qualcuno è una sensazione inquietante. I nostri confini da una parte ci limitano, ma dall’altra ci definiscono. Quello che sento di essere sta dentro i confini, quello che sento di non essere sta fuori. Il senso della nostra identità dipende anche da questo. Dunque: se l’intenzione di vivere l’esperienza con le Piante Maestre è forte, si riesce a elaborare l’ansia in modo che non sia completamente ostacolante. Diversamente è molto meglio astenersi e cercare altri modi: meditazione, yoga, training autogeno, digiuno… si sceglie come espandere la coscienza sulla base del proprio sentire, che è la nostra bussola.
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