
Kyoto. Diario di un viaggio interiore
Alessandro RusticelliAttraversare Kyoto è come muoversi tra epoche diverse, in uno spazio dove il passato e il presente convivono in un’armonia sottile. Tra i vari templi che punteggiano la città, il Kiyomizu-dera ha un fascino particolare; qualche anno fa, durante uno dei miei viaggi in Giappone, decisi di visitarlo, inconsapevole della sorpresa che mi aspettava…
L’ascesa verso il tempio
Raggiungere il Kiyomizu-dera non è solo un viaggio fisico, ma anche un pellegrinaggio spirituale. Per arrivare al tempio, come fanno molti, decisi di percorrere la storica via Matsubara, una strada in lieve salita affollata di negozi d’artigianato, dolci tradizionali e kimono a noleggio.
L’odore del tè verde tostato e dei biscotti al matcha si mescolava all’aroma dell’incenso, mentre turisti e fedeli avanzano con passo lento, assaporando ogni dettaglio. L’atmosfera consumistica dell’antica strada non mi attirava per niente e quindi mi affrettai a raggiungere le meta. Dopo aver superato il portale rosso Nio-mon, mi trovai finalmente dinanzi alla maestosa sala principale, costruita interamente in legno senza l’uso di chiodi. La sua terrazza, sorretta da una complessa struttura di travi di cipresso, si sporge audace sulla valle sottostante, come una nave pronta a salpare nell’oceano del tempo…
La terrazza sospesa e la leggenda dell’acqua pura
Dalla balconata, la vista è mozzafiato: una distesa di aceri e ciliegi si estendeva sotto di me, in un mosaico di colori che cambiano in base alle stagioni. In quei giorni, i sakura tingevano tutto di rosa, ma in autunno il rosso degli aceri avrebbe trasformato il paesaggio, incendiandolo di passione. Sullo sfondo, i grattacieli di Kyoto mi ricordavano che il mondo moderno era lì, appena oltre il confine di questo antico rifugio. Cosa cercavo? Cosa mi aveva spinto a cambiare il piano viaggio solo per visitare il tempio? Scendendo lungo il sentiero di ciottoli, arrivai alla cascata Otowa-no-taki, da cui il tempio prende il nome (“Tempio dell’Acqua Pura”). Qui, i visitatori bevono dalle tre sorgenti con l’aiuto di lunghi mestoli, scegliendo tra longevità, successo professionale e amore…bere da tutte e tre, dicono i monaci, è segno di avidità. Sorseggiai un po’ d’acqua a caso da una delle bocchette, sperando che il tempio mi concedesse almeno un pizzico della sua antica saggezza. Il sapore lievemente dolce del liquido mi ricordava quello delle fontanelle romane, “i nasoni” da cui mi dissetavo quand’ero ancora un ragazzino e giocavo a calcio per la strada.

Spiritualità e suggestioni
Accanto al Jishu-jinja, il piccolo santuario dedicato all’amore, due pietre sacre distano qualche metro l’una dall’altra. Si dice che chi riesce a camminare bendato da una pietra all’altra e senza aiuti troverà presto l’amore.
Osservai divertito alcuni giovani che tentavano l’impresa tra risate e incitamenti. Poco distante, in un padiglione minore, esiste un luogo poco conosciuto ma di grande impatto spirituale: il sotterraneo dedicato a Daizuigu, una divinità femminile venerata nel Buddismo esoterico col nome di Mahapratisara. Al tempo non sapevo niente di questo sotterraneo e quando un inserviente del tempio mi invitò ad entrare non avevo alcuna idea di quel che stava per accadere…

L’esperienza nel sotterraneo
Per accedere al sotterraneo, si scende attraverso un corridoio buio, avvolti da un’oscurità totale. L’unica guida è una corda di perline di legno che scorre sotto le dita, come un rosario, conducendo lentamente verso il cuore dello spazio sacro. Il pavimento leggermente irregolare e l’assenza di luce creano una sensazione di disorientamento e angoscia. Entrare lì sotto da soli è un atto di fede, anche perché una volta dentro non si può tornare indietro. Al centro del percorso, immerso nell’oscurità, si trova un’enorme pietra incisa con un carattere sanscrito che significa “utero”. Toccarla e farla ruotare simboleggia il compimento di un desiderio, un gesto che rappresenta la connessione con la divinità materna e la rinascita spirituale. Questo almeno è ciò che tutti credono, tuttavia il senso profondo dell’esperienza è un altro… Quando all’improvviso si raggiunge la stanza ci si trova di fronte a una visione quasi mistica: un singolo raggio di luce dall’alto taglia le tenebre e illumina la roccia. Piccole particelle di polvere finissima entrano ed escono dal fascio luminoso, prendendo vita e scomparendo pochi istanti dopo nel buio circostante, esattamente come i pensieri che attraversano continuamente la coscienza. Impossibile non ricordare le parole del Buddha che definiva la consapevolezza come un faro luminoso che rischiara le tenebre della mente, avvolta dall’oscurità dell’avidya (l’ignoranza della realtà ultima). L’intero percorso non è che una metafora di tutto ciò: simboleggia infatti un ritorno alle origini, alla mente che avevamo prima di nascere, quando eravamo liberi da ogni identificazione e sovrastruttura dell’Ego. È la coscienza pura - citta nella lingua del Buddha che supera la dimensione personale e ci connette direttamente all’essere. Esattamente quella che si rivela negli stati profondi della meditazione, quando i sensi vengono pacificati, svelando - come nuvole che si diradano - la limpidezza del cielo interiore.

Se la luce è la consapevolezza, l’oscurità totale del labirinto richiama lo stato della mente ordinaria, ma anche il concetto buddista di “mu”, secondo alcuni, il vuoto che non è assenza ma potenziale puro, lo stato prima della forma e della distinzione. Attraversare il Taninai Meguri (così si chiama il sotterraneo) è un’esperienza di rinascita: uscirne equivale a emergere in una nuova consapevolezza ed è proprio ciò che mi accadde quel giorno di primavera.
L’elemento materno è centrale in questa esperienza, poiché Daizuigu Bosatsu è considerata anche una divinità protettiva, simile a una madre che accoglie e guida gli uomini nell’oscurità fino alla luce. Questo sotterraneo non è solo un luogo fisico, ma un’esperienza interiore che invita alla riflessione e al contatto con il proprio io più profondo.

In un tempio famoso per la sua spettacolare terrazza aperta sulla valle, questo misterioso sotterraneo rappresenta l’opposto: un viaggio intimo e oscuro, ma necessario per comprendere la luce che ognuno ospita dentro di sé, come amava dire Krishnamurti. Se siete viaggiatori o semplici curiosi e passate per Kyoto non dimenticatevi di far visita a questo luogo straordinario e fuori dal tempo.
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