Il dono del cervo. Intervista all'autore Alex lo Vetro

Il dono del cervo. Intervista all'autore Alex lo Vetro

Rocco Fontana

Il dono del cervo è un libro che definirei “sincronico”. È arrivato, come proposta, nella mia cartella di posta, dopo poco tempo che il mio interesse personale fosse attirato dalla figura delle Rune. Da qui la mia decisione di pubblicarlo senza indugi. I successivi contatti telefonici ed epistolari con l’autore hanno evidenziato la reciproca sintonia di sentimento, seppure percorrendo sentieri diversi. Ora che il libro è pubblicato e distribuito, dopo tutto il lavoro di produzione, possiamo prenderci del tempo per avviare un discorso e intraprendere una serie di domande e risposte a beneficio dei lettori di questo bel libro, presenti e futuri.

Buongiorno Alex, come descriveresti il "vaso di Pandora" che hai aperto con il precedente libro “La Stirpe di Wotan” e quali rivelazioni personali ne sono emerse?

In tutta la mia ricerca “iniziatica” e “spirituale” non avevo mai considerato la tradizione nordica e nemmeno le Rune, vagavo da un ordine misterico all’altro ricoprendo anche ruoli apicali ma sentivo sempre un senso di estraneità in ciò che facevo, mi sentivo pilotato e forse “posseduto” da qualcosa di alieno, e più andavo avanti, più cercavo di addentrarmi in quelle cose… poi ad un certo punto, durante delle pratiche quotidiane all’interno dell’ordine conosciuto come A.A, ho cominciato a ricevere segni e visioni che nulla avevano a che fare con ciò che stavo sperimentando, ne parlai con il mio istruttore e concordammo di interrompere il lavoro che andava avanti continuativamente da due anni e mezzo. È saltato il tappo, ero saturo, ed ho compreso che non appartenevo a quelle cose, quindi ho rigettato qualsiasi forma di simbolismo o pratica di derivazione giudaico/cristiana (anche esoterica) ed ho avuto la certezza che nessun uomo o istituzione può concedere ad un altro alcun tipo di iniziazione, solo gli spiriti possono farlo, a me è successo e quegli spiriti erano e sono di una stirpe diversa da quelli che avevo invocato per lunga parte della mia vita. Ne “La Stirpe di Wotan” descrivo il processo di differenziazione tra la tradizione arcaica e pagana e le altre tradizioni di stampo esoterico cosiddette occidentali, apportando le prove (fonti consultabili alla mano) che non esiste un’universalità “spirituale” e che gli Dèi Patri d’Europa appartengono ad un’altra “famiglia”, una “famiglia” che con le entità del deserto non ha nulla a che vedere, sono di un altro “sangue”.

La tua esperienza di "guerra interiore" ha portato a un cambiamento profondo. Quali aspetti dell’esoterismo hai lasciato e cosa invece hai abbracciato nel riscoprire le tue radici arcaiche?

In parte ho già risposto nella domanda precedente ma il cambiamento principale e necessario è stato quello di abbandonare la città, la filosofia spiritualistica e rigettare qualsiasi forma di teologia, essendo aliena al pensiero degli “Antichi” al tribalismo e al paganesimo in generale. La teologia è qualcosa di “moderno” e non può essere applicata al paganesimo, ai culti gentilizi e nello specifico all’Etenismo, ovvero il paganesimo di matrice Europea non mediterranea. La “guerra” è culminata nell’atto di stracciare tutto il mio passato, ruoli, filosofie, operatività, ho lasciato tutti gli aspetti dell’esoterismo per come lo si intende e si conosce generalmente… eliminare ciò che non ero per rinascere nella forma che in realtà ho sempre avuto ma che era occultata ai miei occhi. Non è possibile seguire la via degli “spiriti”, ad esempio vivendo in città, ed io ho l’ho abbandonata per vivere tra gli alberi, le pietre, i fiumi e le montagne, dove, se si è fortunati, esistono ancora luoghi “consacrati” agli Dèi Padri degli Antenati e agli spiriti dei luoghi.

Il sogno con il cervo e la Fylgja è stato centrale nel tuo percorso. Come interpreti simbolicamente quel sogno e quale significato ha assunto nel tempo?

Quando è successo non credevo fosse un sogno, mi sono svegliato con la convinzione che tutto ciò era accaduto realmente. Ho interpretato la cosa come un messaggio da parte dei miei antenati e del mio spirito tutelare. All’epoca non avevo mai approfondito queste tematiche, non sapevo nulla della tradizione che oggi rivendico con gioia e onore, il tutto è stato tremendamente fisico. Non voglio analizzare e dare un significato “filosofico” all’accaduto, ma penso che quell’esperienza è stata lo start che mi ha messo sulla strada in cui ora sono; è certamente stata una comunicazione diretta, una chiamata che trascende l’interpretazione.

Il dono del cervo. Rune, tesoro d'Europa 1

Parli delle Rune come di un "dono" legato al sacrificio. In che modo questo principio di scambio si riflette nella tua pratica e nel tuo approccio alle Rune?

Le Rune non si imparano e non si insegnano. Certamente si può approfondire l’argomento, ci si può confrontare, ma esse sono un mistero che si svela solo a chi è destinato a “raccoglierle”. Esse sono letteralmente un dono degli antenati, se si fa parte di una certa famiglia d’uomini, di una certa stirpe, antica quanto il mondo, Esse possono “arrivare” ed essere “tratte” tramite l’autosacrificio. È un qualcosa di doloroso, è sciamanesimo puro, senza intermediari. Una volta che ciò avviene non è possibile utilizzare altre forme “operative” che con Esse non abbiano affinità tribale. Personalmente da anni non utilizzo più nessun altro sistema. Le Rune sono qualcosa di davvero poderoso e penso siano (nelle loro declinazioni, protorune comprese) il sistema grafico di decodificazione della vita stessa più antico esistente.

In “La Via Antica”, un altro tuo libro, hai descritto il tuo ritorno a una vita agreste in Valsusa. Quali insegnamenti hai tratto da questo contatto diretto con la natura e gli "spiriti dei luoghi"?

Come ho detto prima non è possibile percepire o ricevere dagli spiriti alcunché se ci si ostina a vivere nelle città. Le città sono luoghi innaturali costruiti al solo scopo di “allevare” carne da cannone. La prima cosa che deve fare una persona che si considera “pagana” è abbandonare la città, ovviamente se lì vive. Il resto verrà da sé. Oggi nessuno vive più in contesti tribali ed è quindi molto difficile ricostruire una connessione sana con le antiche usanze, ma penso che almeno l’atto di abbandonare il caos metropolitano sia il minimo sindacabile, se si vuol tentare di percorrere “L’Antica Via”.

Il dono del cervo. Rune, tesoro d'Europa 2

La connessione con gli antenati sembra un tema ricorrente. Cosa suggeriresti, a chi si avvicina a queste tradizioni, per ritrovare e onorare le proprie radici?

La connessione con gli Antenati è fondamentale poiché presso gli antichi, i progenitori della stirpe erano gli Dèi stessi. Fuor di metafora dico che tutte le fonti (classiche comprese) dicono la stessa cosa, questo è il mistero che veniva tramandato oralmente presso gli Eteni di ogni luogo d’Europa. Le Rune stesse ce lo dicono. Per i germani e non solo, quelli che noi oggi chiamiamo Dèi, erano esseri fisici che mescolarono il loro sangue con gli uomini, antenati e Dèi in alcuni casi sono gli stessi soggetti e vivono entrambi in noi nella carne. Per i fondatori di Roma, Romolo e Remo erano davvero figli di Marte, senza alcuna forma metaforica, lo stesso valeva per i Germani, come descrivo ampiamente (fonti alla mano) nel capitolo riguardante i Goti, ovvero il popolo del Dio. Consiglio a tutti di fare ricerche in merito ai propri antenati in modo scientifico, spulciando se è possibile archivi di famiglia, comunali, parrocchiali, capire da dove vengono i propri avi, fare ricerche sull’etimologia del proprio cognome - anche lavorare con alcune Rune può essere utile allo scopo - ma soprattutto consiglio di guardarsi profondamente allo specchio. Anche in questo caso il resto verrà da sé.

Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere con “Il dono del cervo” e quale impatto speri abbia sui lettori moderni interessati alla spiritualità arcaica?

Il messaggio che vorrei dare è molto semplice; guardatevi dentro, guardatevi fuori e guardatevi bene. Datevi la possibilità di essere scelti anziché scegliere arbitrariamente qualcosa che sembra piacervi ma che poi magari non vi appartiene. Non si può rendere onore e culto agli antenati di un’altra famiglia, scoprite qual è la vostra e fatevi accogliere, qualunque essa sia. In questo modo potrete percorre le vostre “antiche usanze” e vi sentirete davvero parte di qualcosa che è vostro, che vi somiglia e che vi abbraccerà. A ognuno il suo.

Le Rune possono essere utili anche a questo scopo e potrebbero anche dirvi che non sono per voi ma allo stesso tempo potrebbero indicarvi a chi appartenete. Già questa sarebbe una grande scoperta. Non si possono servire due padroni.


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