Le parole e la loro sostanza. L’imperatore del Giappone Fontana Editore

Le parole e la loro sostanza. L’imperatore del Giappone

Francesco Baldessari

Qualche tempo fa stavo leggendo sul giornale un'intervista con un'esperta, parte del pannello che ha deliberato sulla prossima abdicazione dell'imperatore, approvandola.

La signora citava uno degli esperti ad essa contrari. Questo esperto aveva apparentemente affermato che l'imperatore "dovrebbe limitarsi a pregare." Alludeva chiaramente al discorso fatto in televisione, senza preavviso e di sua iniziativa, dall'imperatore stesso in cui questi chiedeva il diritto, automaticamente riconosciuto a chiunque altro nel suo paese, di andare finalmente in pensione all'età di 83 anni. Secondo molti non avrebbe dovuto farlo.

L'esperto non era l'unico a pensarla così, anzi. Il discorso fatto dall'imperatore in televisione all'improvviso, discorso in cui chiedeva appunto di essere lasciato in pace per quello che gli resta da vivere, era stato da molti esperti visto come una violazione della neutralità politica dell'imperatore.

Bisogna dire che la maggior parte dei giapponesi dimostra buon senso e approva l'idea dell'imperatore di andare in pensione, ma questo è solo un esempio del modo in cui i membri della casa imperiale vengono maltrattati in nome del pubblico interesse.

Ma rivediamo quello che aveva detto l'esperto, perché è una delle poche citazioni in una lingua europea che riveli il vero ruolo dell'imperatore. "Che pensi a pregare", ha detto.

Eh sì, perché l'imperatore non è e non è mai stato una figura politica.

Non è neppure esattamente una figura religiosa.
giappone
Spiegare che cos'è esattamente l'imperatore richiederebbe spazio e tempo. È una figura resa necessaria dal culto degli antenati, che è la vera religione dei giapponesi.

Il termine imperatore è assurdo. Il figlio del cielo, perché è così che lo chiamano in giapponese, non ha mai avuto alcun potere politico. E questo non è un incidente, ma una parte essenziale del suo ruolo. Essendo una figura sacra, il figlio del cielo è stato isolato e separato dalla vita politica praticamente subito. Le vicende della politica lo avrebbero contaminato.

È per questo che gli hanno detto di "pensare a pregare", invece di chiacchierare in tv. Come dire a una donna che rivendica i suoi diritti di pensare alle sue pentole.

Il figlio del cielo era uno scettro vivente. Chi lo controllava fisicamente aveva il potere. Ora le cose sono più complicate per via della "democrazia".

Questo grossolano e importantissimo errore, del quale nessuno all'estero si rende conto, è aggravato dal fatto che i giapponesi, dal canto loro, non capiscono le implicanze del termine imperatore e non ci vedono quindi nulla di strano.

Tutto questo rivela il problema che affligge il Giappone. La maggior parte di quello che gli stranieri, me compreso, credono di sapere non è semplicemente sbagliato, è distorto in modo grottesco. Due civiltà diverse che non si comprendono e non sanno di non essersi comprese.

Questo errore poi è importantissimo perché preclude un vera comprensione della storia del Giappone e del suo presente.

La quasi totalità delle parole usate per parlare del Giappone andrebbero ridefinite. I kami non sono dei, l'imperatore non è un imperatore, lo Shinto non è una religione, i samurai non si chiamavano samurai ma bushi e non erano fedelissimi. Il tradire alleati era una strategia comune e accettata come normale anche dai traditi.

Gli shogun alla loro epoca si facevano chiamare non shogun ma gosho, e questo non è semplicemente un dettaglio, come potrebbe sembrare.

Il partito in questo momento al potere non è un partito nel senso nostro della parola. Da sempre, in questo paese chi ha il potere formale non ha il potere effettivo. Kakuei Tanaka negli anni 70 controllava il partito al potere senza neppure esserne membro. È perfino sbagliato parlare di Giappone prima del 1868, perché quella è la data in cui il paese si è unificato per la prima volta. L’unificazione del paese, come ma ancor più di quella italiana, è ancora in corso e numerosi crinali lo dividono. Chi non comprende questo non capisce il Giappone.

Una volta stavo parlando con un'amica giapponese e le ho detto che la storia del suo paese mi sembrava una continua guerra civile. Lei, pur dandomi ragione, mi ha fatto notare che non potevo usare il termine "guerra civile" in assenza di un paese unificato.

Chi è sinceramente interessato al Giappone dovrebbe sempre tenere presente che, più gli è familiare, meno specializzata, astrusa e tecnica è una parola usata per descrivere il Giappone, più è probabile sia gravemente scorretta.

Non ci sono scorciatoie per conoscere il Giappone. È necessaria conoscenza. È necessario conoscere il vero significato dei termini.

È necessario studiare tenendo la testa il più possibile libera da preconcetti.

 Francesco Baldessari

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