Dora, l'archetipo, la forma e il Tutto Fontana Editore

Dora, l'archetipo, la forma e il Tutto

Leonardo Anfolsi
Dora, l'archetipo, la forma e il Tutto

Siccome la ragazza “a destra” pare essere la modella a cui si ispira lo studio – lo schizzo a matita che sta a sinistra – possiamo dire che quel primo sia il “soggetto” preso a modello; in realtà, al contrario, la ragazza che sembra in carne ed ossa, forse, è la continuazione dello schizzo, quindi potrebbe anche essere l’elaborazione successiva dello “studio”.

Questi cosiddetti “destra” e “sinistra” sono interessanti, perché possiamo vedere come il “progetto” (l’archetipo) scenda e si in-formi nella materia che, a sua volta, costituisce non solo un inviluppo, ma anche una base attiva che cresce da atomi/molecole/cellule fino a conformarsi all’archetipo (questo detto in termini noti all’Occidente).

“Ma questa non è una ragazza in carne ed ossa, e solo un disegno!”.
Anche questo potrebbe essere falso, in quanto l’ho conosciuta e posso testimoniarne la fisicità, e magari quel disegno è solo per rappresentarla qua sulla pagina. Già, in fondo questo è un mondo di rappresentazioni.

Questo, finora, è alla portata dei più. Ma ora viene il bello.

Per via di quanto si è detto finora, si potrebbe dire che la creazione, quindi, “salga e scenda”, ma anche che è senza tempo (o come si usa dire enfaticamente “da un tempo senza inizio”) quindi che è immota e che avviene ora e ora e ora, come anche sempre, e quindi – forse - in degli “allora” specifici, cioè contestuali a fenomeni singoli o aggregati come molecole o pianeti che nascono e finiscono, ma potremmo anche dire che la creazione può non avvenire mai.

Questo è il potere del Tempo, che è anche Non-Tempo (stiamo già nuotando nella realtà e siamo appena appena scampati dalla “verità”).
Ma ora veniamo alla parte della creazione che riguarda NOI.
Eh sì, perché siccome i praticanti buddhisti di meditazione hanno intuito che tutto-è-unito (= uni-verso), noi stessi, essendo parte di questo tutto, siamo indivisibili dalla mente (universale) realtà che tutto produce, nutre e pone in armonia, dato che detta mente è “noi” - anche se pur un “noi” più completo - come anche è “noi” tale armonia e tale nutrimento, per via della manifestazione contemporanea di tutti i fenomeni ed al fatto che essi sono interrelati. Infatti per il buddhismo non esisterebbe nemmeno una “mente-universale”.

Infatti: le singole “cose” non sono solo dei “fenomeni” opposti ad un immoto ed eterno “noumeno” ma co-emergono, cioè sono interrelati senza pietà e senza possibilità di dividerli; siamo solo noi – come esseri umani – a decidere che l’albero è diverso dalle sue gemme, dai suoi rami e dalle sue foglie, come anche dalla sua ombra o dal bosco, come anche dal sentimento-del-bosco-in-noi.

Infatti l’asso di briscola buddhista è che questi fenomeni non presumono un noumeno “altro” (un inizio divino) o, per meglio dire, mostrano l’ovvio fatto che ogni noumeno pensabile sia, in realtà, un “pensato” che andrebbe a segregare una qualche parte di questa armonica, oceanica Realtà proprio per via della limitazione del pensiero-verbale, mentre la divinità, ovvero il motore primo o noumeno, non è nei fatti separato da noi stessi, che non solo ne fruiamo, ma che anche ne partecipiamo inevitabilmente essendone al contempo 1) un epifenomeno 2) parte del movimento caleidoscopico 3) la radice stessa. E la radice non è solo contemplata ma anche realizzata nella meditazione.

Quindi senza l’invasione e pervasione del concetto di “divinità” ma la presenza dello stesso in tutto l’universo, vediamo “divina” sia la ragazza appena abbozzata, sia quella dipinta, ma anche quella “pensata dal tutto”, come anche quella che è in relazione con ogni altro fenomeno, ma che pure è “vuota di identità” cioè essendo soprattutto questa identità esplosa ed oceanica.
Eppure “Dora” - questo è il suo nome – è convinta che il suo fidanzato le donerà, giovedì a cena in un ristorantino esotico ed appartato, un anello con diamante. Nel caso contrario temo che si arrabbierà e dati i precedenti della sua relazione, le potrei dare anche ragione, nonostante la sua esperienza nella meditazione e il fatto che sia buddhista.

“Ma… Tutto ciò di cui questi buddhisti blaterano non ci è già stato dato di nascita dal Messia oppure dal Profeta se non dal Patto fra D-o e Israele?” si potrebbero chiedere dei monoteisti convinti. In realtà la più profonda, abissale capacità pensante sarebbe un dono gratuito del silenzio interiore che sorge dalla meditazione, ma possiamo abbellirla con le più varie fantasmagorie ed opinioni religiose, facendole perfino assurgere a Verità.
Una sola verità, in realtà, inesistente e prodromica ogni follia.

È la Realtà ciò che ci concerne in tutta la nostra sincerità di esseri-eterni-e-caduchi-al-contempo. Ascoltando il Profeta, il Messia e i segreti anfratti del Patto, possiamo rivenire il più antico verbo della Gnosi, in qualunque modo ciò possa essere stata riconfigurata nei secoli passati. È questo il mio aperto invito anche alle religioni “monoteiste” a che non restino soltanto come residuo di un tempo pastorizio-epico nel quale il racconto aveva lo stesso potere tangibile della realtà, producendo da ciò oggi, purtroppo, l’invadente ombra della Verità. Questo immane potere visionario, oggi, non può che prendere una nuova, inevitabile forma. In fondo non mi pare un caso che l’approccio buddhista dell’Abidharma ponga come fattore fondante la TUA relazione con i fenomeni, che può risultare – come lo è nella fisica quantistica – molto più importante degli aspetti “esterni” (dal me/tutto) di funzionamento del mondo.

Ritornando a Dora, quando ha saputo che la sua immagine desnuda sarebbe finita in un piccolo trattato riassuntivo di buddhismo destinato a diventare virale, si è arrabbiata come una furia e mi ha telefonato. Non voglio riferire cosa mi ha urlato al telefono; poi si è pacificata. In fondo, pur essendo giustamente la guardiana della dignità della propria immagine, ha apprezzato il fatto di poter figurare niente male ed eventualmente di trovare lavoro come indossatrice, attrice o cantante, dato che ha una bella voce. Ha lasciato andare la questione della “dignità del genere femminile”, mi ha dato invece personalmente dello “str...” (facendone un fatto personale) ma ha apprezzato il fatto di essere diventata parte di una “ottima” presentazione tascabile del (NON!) punto di vista della Realtà secondo il buddhismo.

Infatti, l’ultimo colpo di scena che ci riserva il buddhismo è che tutto quello che abbiamo abbastanza precisamente detto ora – dal punto di vista buddhista – è in realtà senza alcun senso, sempre dal punto di vista buddhista (dato che NON esiste un “punto di vista buddhista”), e questo non per via di un qualche compulsivo/sistemico pensiero iconoclastizzante ma perché in realtà, ogni forma di intuizione che possiamo rendere manifesta in modo dialogico e tramite concetti è solo una pessima malacopia di ciò che nella mente risvegliata-primordiale (Ventre-del Risvegliato o Insorpassabile/Supremo-Risveglio o Stato-Primordiale) resta in un perfetto silenzio, un silenzio in genere rinvenuto durante l’esercizio della meditazione silenziosa, dove tutto ciò viene realizzato intuitivamente anche da un analfabeta (se insiste nella meditazione denudante). E così può incontrare non solo la Dora colorata, ma anche quella abbozzata, come anche quella in carne ed ossa ma, inevitabilmente co-emergente con il giornalaio, coi microbi sul tombino, con il lampione, ma soprattutto coi fiori che ha visto oggi al giardino botanico, in particolare con le camelie che, giustamente, la nostra oceanica, adorata Dora preferisce più degli altri fenomeni appena detti.

Siccome parlo e scrivo è tuttavia evidente che tale silenzio interiormente realizzato non mi renda particolarmente arido; chi vuole dimostrarci il contrario di sé pretendendo di raggiungere un “vuoto interiore” senza ritorno, sa già che sarà tenuto sotto sorveglianza e che prima o poi lo sorprenderò a mangiarsi una pizza o a consumare contento una qualche catena di sillogismi.

Aggiungo che Dora, meditando oramai da dieci anni, ha consumato i propri cuscini da meditazione; sia quello che sta sotto le gambe, sia il cuscino sul quale ci si siede. Al posto di fare come me, nello stile della più antica e rude maschilità zen, non ha chiuso le rotture con del nastro adesivo telato, ma si è ricomprata dei cuscini coperti di seta istoriata giapponese, giusto per celebrare il decennale della sua pratica meditativa, per sedersi così su di un cangiante baluginio di oro ed ocra scuro.

Leonardo Anfolsi

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