Lo Zen dei samurai Fontana Editore

Lo Zen dei samurai

Leonardo Anfolsi

Quello nell’immagine è Takuan Soho. Oltre che essere Maestro di zen fu anche l’insegnate di spada del famoso samurai Musashi, al quale insegnò a combattere coordinando il movimento di due spade. Sia nello zen che nella spada usò il termine "Taia" che vuole significare uno stato di suprema attenzione pluri-direzionata, ma anche assente eppure attiva.

Takuan Soho

Il potere fulmineo di realizzare la priorità del momento era fondamentale per chi combatteva in battaglia e che, in alcuni casi, riusciva a coordinarsi perfino con un’incombente pericolo, anche quando era ignoto, fino ad abbassarsi quando passava la freccia che giungeva da dietro le spalle.

Appena l’insegnamento zen arrivò dalla Cina in Giappone, i monasteri si riempirono di samurai che, in genere rissosi e analfabeti, volevano conoscere il potere di quei maestri zen, famosi, oltre che per la loro saggezza, per la forza che erano capaci di fare esplodere in urla sovrumane, capaci perfino di tramortire o uccidere un guerriero.

Gli enigmi-koan usati dai Maestri zen per stanare l’intuizione dei praticanti, dovettero essere tradotti in un linguaggio semplice che non parlasse di filosofia ma di spade, staffe, panciere, frecce eccetera. E Takuan Soho inventò perfino un modo di fermentare il ramolaccio, in modo da renderlo medicamentoso per i monaci e per i samurai costretti in monastero a essere vegetariani, mangiando per lo più riso, e quindi ad ammalarsi spesso di beri beri.

Ma quando si puntava direttamente al mistero dell’essere, allora le parole diventavano sublimi e taglienti, e avevano la stessa forza del coraggio richiesto in battaglia.

Ecco Takuan che parla:
“Desideri ottenere Questo (Taia)?
Mentre cammini, ti fermi, ti siedi o ti sdrai, mentre conversi o rimani in silenzio, mentre bevi il the o mangi, non devi mai trascurare di esercitarti, il tuo occhio deve sempre volgersi immediatamente alla meta e devi continuamente cercare a fondo, sia andando che venendo.
Solo così dovresti guardare diritto nelle cose.
I mesi e gli anni passeranno e ti sembrerà che una luce appaia improvvisamente nel buio.
Riceverai la saggezza senza che alcun Maestro te l’abbia rivelata e ti accorgerai di possedere misteriose capacità nel fare cose mai tentate prima.
Quest’ultimo particolare non si discosta da ciò che è ordinario, eppure lo trascende.
Dandogli un nome, chiamo questo Taia”.

La meta di cui parla Takuan Sohonon è da raggiungere un bel giorno ma da rinvenire ora, essendo il mistero di quel “qualcuno” che sta leggendo queste righe, che sta meditando in un tempio o che sta combattendo in battaglia.

“Andando” è quando il meditante si alza per andare nel mondo e si esprime, “venendo” è quando torna a meditare ricomponendo il legame più antico che è noi, quel Tutto che è precedente ai singoli particolari, ai singoli momenti, alle singole esistenze, che precede anche i due duellanti; quell’essere vivi che è ancora prima di nascere e che è nella morte.

Ordinario, eppure…

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