Riflessioni sulla Geomanzia 1 Fontana Editore

Riflessioni sulla Geomanzia 1

Valeria Menozzi

La prima parte del libro LA SCIENZA DELLA SABBIA parla del modo in cui è nata, si è diffusa e poi si è standardizzata l’arte geomantica. Agli albori della sua pratica, essa era considerata a tutti gli effetti - come si evince dal nome - una mantica terrestre: il geomante si sedeva a terra, effettuava i lanci a terra, manipolava la terra, per ottenere i responsi invocava gli spiriti terrestri.

Poi, piano piano, in maniera irreversibile, la geomanzia diviene sempre più affine all’astrologia, tanto da venire concepita come un suo surrogato. Le sedici figure geomantiche, che presso i nomadi dell’Arabia preislamica erano considerate il messaggio dei Jinn (spiriti di fuoco che risiedono nel deserto) sulla sabbia, diventano, per i magi del rinascimento, le impronte dei geni planetari (spiriti celesti che risiedono sui pianeti) sulla terra.

Ma perché, e come, è potuto accadere questo processo di “uranizzazione” della mantica?

Il perché lo spiego nel manuale, qui lo riassumo. A un certo punto, con la diffusione delle opere greche e arabe, nasce nella Christianitas del medio evo, la necessità di differenziare il sapere lecito da quello eretico. In altre parole è lecito studiare i poteri delle piante per curarsi (botanica) o la disposizione degli astri (all’inizio astronomia e astrologia sono un tutt’uno) perché è gradito a Dio, mentre non è lecito interpellare spiriti per ottenere responsi divinatori (la negromanzia dunque è decisamente condannata, la geomanzia si presta facilmente al dubbio). Perché ci si possa apertamente occupare di geomanzia occorre che essa venga legittimata. Ecco allora che, sposandola all’astrologia, essa perde il suo carattere più strettamente divinatorio e assume una valenza più accettabile. In pratica, ciò che è celeste, per tutta una serie di motivi filosofici-teologici-sociologici che qui sarebbe troppo lungo e fuorviante trattare, è più moralmente accettabile di ciò che è meramente terrestre, quindi impuro e corruttibile.

La scienza della sabbia. Valeria Menozzi

Spiegare come questo sia potuto accadere è complesso, anche perché la trasformazione o, per meglio dire, il processo di sublimazione della mantica è avvenuto gradualmente, nel corso di millenni. Per cui utilizzerò il paragone con un’altra arte che ha subito uno sviluppo analogo: la danza.

Le prime forme di danza erano tribali, molto affini alla Ras sharqi (o danza del ventre come viene impropriamente detto il ballo medio orientale).

In questa, il corpo della danzatrice è pieno, voluttuoso. Ventre, seno e glutei sono ostentatamente morbidi per rappresentare prosperità e salute. La pianta dei piedi, scalza, aderisce completamente al suolo, si radica. Il bacino è basso, il pube cerca la gravità, la musica “deve battere in pancia e scorrere nelle vene”, come mi spiegò una volta una ballerina araba. Tutta la coreografia parla di eventi terrestri, naturali: i movimenti ricordano il lento incedere del cammello, l’avanzare sinuoso dei serpenti, il battito gradito delle gocce di pioggia, il ciclico ripetersi delle stagioni. Tutto, in quest’arte, sprigiona sensualità: la carne è morbida, i capelli sono sciolti, lo sguardo è fiero, gli abiti sono opulenti , fieramente e volutamente erotici.

Ras sharqi

Nella danza classica - molto più recente della mediorientale - assistiamo al fenomeno opposto: il corpo della danzatrice si assottiglia, i capelli si raccolgono, gli abiti si fanno eterei, impalpabili e lo sguardo sognante. I piedi si distaccano tanto dal terreno da aderirvi solo con la punta dell’alluce, quasi a volersene affrancare per non restarne contaminati. La coreografia ripudia la gravità e anela al contatto col cielo. I movimenti del bacino si annullano per dare rilevanza a quelli di gambe a braccia, ormai simili più ad ali che ad arti. La danzatrice si sublima a tal punto da perdere la sua fisicità, e si fa sempre più simile a un angelo, asessuato, androgino, celeste.

Ecco, la trasformazione della geomanzia è analoga, ma oggi noi possiamo scegliere, nessuno ci condanna. Come possiamo valutare liberamente se iscriverci a un corso di ras sharqi o danza classica, così possiamo praticare la geomanzia come più ci aggrada, evocando gli angeli o cercando un contatto con le entità terrestri. Dipende solo dalla nostra predisposizione o curiosità. L’importante è ricordarsi che ciò che si fa, è una forma d’arte.

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