Lo Zen Naikan come pratica di benessere armonico Fontana Editore

Lo Zen Naikan come pratica di benessere armonico

Leonardo Anfolsi
Lo Zen Naikan come pratica di benessere armonico

Lo zen naikan porta a chi lo pratica un benessere armonico, una gioia continua, il più fermo aiuto alla guarigione e incoraggia la più alta realizzazione spirituale.

Lo zen naikan - praticato dai monaci zen cinesi e giapponesi - è una forma di ascesi yoghica:

  1. della mente, dato che opera assieme a visualizzazioni e col respiro,
  2. dell’energia, andando a incentivare lo scorrimento dell’energia emotivo/nervosa/pranica e della forza respiratoria/bioelettrica/qi,
  3. del corpo, dato che usa movimenti e respirazioni particolari, permettendo così lo sviluppo della Forza Bioelettrica e Staminale.

Mentre a causa della mentalità materialista si sviluppano protesi tecnologiche esterne a noi, e medicine che agiscono al posto della nostra capacità di reazione, lo zen naikan ci incoraggia a fare di noi stessi ardore, forza, conoscenza sorgiva e libertà.

Lo zen naikan è un dono che proviene dal buddhismo zen della scuola rinzai; da monaci e laici dediti alla realizzazione della forza dello spirito, della mente, dell’energia e del corpo.

Il naikan riassume l’essenza dello yoga lavorando con i cinque prāṇa, e l’essenza del qigong, lavorando col jing e col qi per realizzare lo shen.

La parola naikan fu usata specificatamente dal Maestro Hakuin Ekaku, solo tre secoli fa, per definire un metodo di coltivazione dell’energia associato a un nuovo concetto di pratica meditativa dinamica e adatta sia ai laici, che svolgono vita attiva nella società, che ai monaci praticanti.

Lo zen naikan di cui parliamo non è il naikan ideato da Yoshimoto Ishin - di cui abbiamo certamente rispetto - ma è l’addestramento alchemico insegnato da millenni nella scuola rinzai dello zen.

All’età di diciotto anni, nel 1977, ebbi l’onore di essere accolto a sanzen - nella stanza segreta dove vengono dibattuti i koan - dal Maestro Luigi Mario Engaku Taino nel tempio zenshinji, e così fui accolto due anni dopo a sanzen anche dal Maestro Yamada Mumon; fu proprio in questo luogo che ebbi l’esperienza palese di cosa potesse essere la forza del dantien resa manifesta in un uomo ottantenne, peraltro malato fin dalla giovinezza. Tutti ricordano il Maestro Mumon per la sua energia staminale inesauribile, nonostante avesse un solo polmone funzionante, e di quanta potenza esprimesse con il suo ki-tentai, cioè con l’estrinsecazione del suo qi.

L’aggettivo staminale definisce il principio germinale e costitutivo degli organismi viventi di ogni regno, dal vegetale all’animale, fino all’uomo.

L’etimo Staminale evoca nei suoi radicali, derivati dalla lingua greca e latina, qualcosa di strutturale e ancestrale, evocando i concetti di stare, di struttura portante, di fulcro e di filo. La cellula staminale può essere realmente considerata un primordiale fulcro, una struttura o il filo del tessuto della vita, così come la tensione bioelettrica è un fulcro ed è, nel suo scorrimento, il filo energetico che sta alla base della vita e del nostro benessere, muovendo ogni funzione nella cellula, nei tessuti e negli organi. Aggiungiamo che le ultime ricerche scientifiche a riguardo del sistema nervoso extrapiramidale, del sistema nervoso enterico, della epigenetica e la formulazione del concetto di resilienza non fanno che riconfermare, secondo l’approccio scientista contemporaneo, la correttezza dei principi che costituiscono l’antico metodo naikan.
Possiamo certamente affermare che il naikan sviluppa la nostra capacità immunitaria - ovvero adattogena - e che è una tecnica di rapido impiego con la quale si possono realizzare quei fatti tangibili - comunemente definiti miracoli - di cui sono stato testimone ogni giorno della mia vita; certamente queste esperienze servono per incoraggiarci ma non devono in alcun modo distrarci dalla ricerca interiore quanto, piuttosto, nutrirla aprendoci allo stupore in modo innocente e responsabile.

Praticando e studiando i metodi dello zen sia della scuola rinzai (línjì), che della scuola soto (caodong), oltre che del tantrismo vajrayana e dzogchen, ho iniziato ad apprezzare sempre più l’ingegno sintetico di Hakuin.

Sottolineiamo ancora che, da quanto narra Hakuin, il naikan fu insegnato anche ai laici, fatto che ci incoraggia a non voler mantenere un segreto che nemmeno Hakuin volle occultare ma - come ci ha consigliato l’attuale Dalai Lama - a offrire a chi è pronto l’occasione di sviluppare se stesso.

Migliorare noi stessi per un mondo migliore.

Leonardo Anfolsi

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