Dio Padre è un uditore di preghiera: parte 2
Se mi sento in balia dei pensieri, se mi ritrovo senza pace nel cuore e con un turbinio di emozioni spiacevoli, posso scegliere tra due opzioni: la prima, la più scontata, la via di minor resistenza già percorsa milioni di volte, è distrarmi da ciò che ho notato, allontanarmi da ciò che mi disturba immergendomi nel lavoro, nelle occupazioni comuni della giornata, magari aiutandomi anche con i soliti anestetici a cui sono avvezzo, come il cibo, il sesso, gli acquisti inutili, la televisione. La seconda è invece fermarmi e stare fermo su ciò che c'è, qui e ora, non per un'indagine mentale ma per portare luce e amore lì dove è necessario; e per questo posso ricorrere ad un provvedimento meraviglioso che mi è stato dato:
La Preghiera del Cuore
"Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore."
Chiedere aiuto in tal modo è cosa saggia ed è un mezzo potente per ritrovare il mio centro.
Alphonse e Rachel Goettmann, nel libro "Preghiera di Gesù, preghiera del cuore" dicono che "per nutrire la preghiera e farla diventare autentico sacramento sarà bene non avere fretta e prendere tutto il tempo necessario per meditare a lungo il senso di ogni parola, separatamente. Tutti i Padri della chiesa hanno insistito su quest’aspetto dell'attesa paziente.
Signore: mi rivolgo a lui chiamandolo Signore non solo per una forma di rispetto ma anche perché ha effettivamente autorità e potere; gli chiedo di passare al vaglio le inclinazioni del mio cuore e l'autenticità della mia preghiera. Quanti "signori" comandano nella mia vita? "Là dov'è il tuo tesoro, sarà il tuo cuore" (Matteo 6:21). È una constatazione forse crudele, ma necessaria, per uscire dalle illusioni: Gesù non è il Signore della mia vita; bisogna quindi far morire in noi tutti i desideri che non conducono a lui e che occupano impunemente il nostro cuore.
Ci sono di esempio in questo i primi cristiani. La parola "Signore", a quei tempi, era riservata dai Giudei solo a Jahvè e dai romani solo all'imperatore; attribuire l'appellativo "Signore" a qualcun altro significava morte certa. Fu questo che scatenò le persecuzioni contro i cristiani e i tre secoli di martiri che irrorarono di sangue il campo della chiesa delle origini. Tutti coloro che chiedevano il battesimo in nome di Cristo e che riconoscevano Gesù come Signore venivano perseguitati. Eppure, quei primi cristiani accettarono di soffrire e di morire in nome di quel Cristo che era diventato l'unico Signore della loro vita. La Preghiera di Gesù è un'assunzione di impegno. Tutto il mio essere si prosterna interiormente davanti alla potenza del Nome, s’inginocchia con tenerezza e affezione per adorarlo, ma anche con lo stesso timore reverenziale che avevano gli ebrei pronunciando il nome Jahvè.
Gesù Cristo: Gesù è il centro di me stesso e il centro dell'universo, e invocandolo mi trovo risucchiato nel vortice incandescente di tutto ciò che esiste.
Se questa conoscenza e intimità con il Cristo diventa lo scopo principale della mia vita, al di là di tutti i problemi e le cadute, allora la bellezza di Gesù si impadronirà di tutto il mio essere, e sarà il segreto della mia metamorfosi, della mia conversione.
Figlio di Dio: mi rivolgo a lui chiamandolo figlio di Dio; lo sono anch'io e mi sforzo ogni giorno di imitarlo, di seguire i suoi consigli per uscire dall'addormentamento della coscienza e incarnare appieno le qualità che possono portarmi al risveglio e divenire un figlio realmente a somiglianza del mio Creatore.
Abbi pietà di me: mi rivolgo a lui supplicandolo di avere pietà di me perché i miei sforzi di ritrovare la gloriosa libertà di un figlio di Dio spesso non producono i risultati sperati e continuo a peccare, a non riuscire a placare e governare la mia mente iperattiva e la mia pancia impregnata di emozioni grossolane; per questo mi definisco peccatore.
Peccatore: che lui abbia pietà di me che fallisco ogni momento il bersaglio del risveglio, di me che non riesco ancora a percepire costantemente la bellezza che mi circonda, l'amore presente in ogni cosa; pietà per questa parte di Dio che ha scelto di farsi uomo per fare esperienza di sé, per capire ciò che è mediante ciò che non è.
Gesù, signoreggiando i pensieri e le emozioni, ha dimostrato che è possibile governare i propri corpi e vincere il mondo. Nel mondo, lui ci ricorda, avremo tribolazioni, ma possiamo farci coraggio perché Gesù ha vinto il mondo e, se l'ha fatto lui, possiamo riuscirci anche noi. (Giovanni 16:33)
Secondo i Padri, Gesù risorto è come un carbone ardente penetrato dal fuoco eterno del divino, e chiunque entra in contatto con lui, grazie alla preghiera, sarà incendiato da questo fuoco, trasportato ai vertici dell'esperienza umana, purificato e trasfigurato dall'amore e dalla gloria del Signore risorto e consumato dalla sua gioia. Tutto questo è possibile per noi fin da oggi se accettiamo di diventare Uno con lui.
“Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore”.
Ed è come rallentare il tempo, rientrare in me e nell'Uno, ritrovare la vista e l'udito. Il cuore si riscalda e si apre come un fiore per irradiare il suo profumo nel mondo. Ritrovo i miei talenti e il coraggio di utilizzarli. Accanto a me, il mio fido destriero nitrisce per spingermi a indossare l'armatura e partire insieme per una nuova avventura.
Hoo-oponopono
“Ti amo, mi dispiace, ti prego… perdonami, grazie”
Quando mi trovo in una particolare condizione di pace interiore e posso osservarmi con maggiore attenzione del solito, riesco talvolta a notare, anzi direi scovare, emozioni e pensieri piuttosto grotteschi e divertenti; essi stavano annidati in zone neanche troppo profonde, quasi a far bellamente mostra di sé. Mi piace immaginare che questa massa abbondante di “inosservato” sia piuttosto sorpresa di vedere la luce del mio sguardo su di essa; m’immagino che pensieri vergognosi ed emozioni raccapriccianti tentino di rifugiarsi in zone più buie, ancora inesplorate, nella speranza di non essere disturbate e poter continuare a vivere a sbafo, con la mia energia.
Ma da qualche tempo qualcosa è cambiato.
Sono un uomo arruolato nelle file di un esercito la cui forza sta arrivando sino alle più distanti parti della terra, fino all’ultimo essere vivente che abbia bisogno di essere impregnato della buona notizia del regno veniente; tuttavia non ho l’abitudine di sgominare senza discernimento ciò che trovo lungo la mia strada, siano esse idee malsane che ascolto dalla bocca dei miei simili, siano quelle che si annidano ancora nei miei corpi.
A me pare che sia necessario applicare la Legge scritta sulle colonne del tempio di Salomone: essa ci insegna a trovare equilibrio tra Volontà e Amore, Disciplina e Dolcezza.
Mi piace essere quel che sono diventato: inesorabile ma gentile.
Se agisco così, in un certo senso combattendo senza combattere, ciò che deve essere ancora bonificato riaffiora quasi spontaneamente; i miei corpi dimostrano così di essere sempre più collaborativi: è come se capissero che ciò che voglio fare è anche tutto a loro vantaggio.
Essi sentono che li amo e non li considero più miei nemici.
Oggi ho potuto riflettere su un atteggiamento comune a tutto il genere cosiddetto umano: la lamentela. Ho visto come lamentarsi di qualcuno o delle situazioni plasmate sia in realtà come MALEDIRE. Se critichiamo qualcosa o qualcuno stiamo davvero maledicendolo; senza rendercene conto gli stiamo procurando guai peggiori.
Questa riflessione è in armonia con il nuovo approccio che sta inondando il pianeta, la pulizia che ognuno di noi può fare in sé e negli altri recitando le parole di Hoo-oponopono: “Ti amo, mi dispiace, ti prego…perdonami, grazie”.
Benedire, quindi, sia il nostro compito assiduo e costante! Quanti nostri compagni di viaggio, quante sorelle e fratelli hanno bisogno che portiamo avanti con perseveranza tale benefico lavoro! Molti di loro sono intrappolati in fuorvianti schemi mentali, inaspriti da vecchie emozioni e memorie del passato. Ne incontro ogni giorno lungo il mio cammino; un tempo mi soffermavo solo sul fastidio che provavo e non ero ancora in grado di comprendere che queste persone erano parte di me che avevano solo bisogno di amorevole attenzione.
Ora so che ogni volta che contatto un essere umano, con le sue difficoltà, devo immediatamente assumermi al 100% la responsabilità per ciò che prova e quando recito le parole di Hoo-oponopono faccio pulizia in me e contemporaneamente in lui, gentilmente e inesorabilmente.