Il digiuno e il lavoro su di sé Fontana Editore

Il digiuno e il lavoro su di sé

Enrico D'Errico

In fatto di digiuno non ho certo l'esperienza di Cristo, tuttavia vorrei riportarvi alcune impressioni ricavate dalle mie esperienze in merito. Nella nostra cultura europea si sente il retaggio dei periodi trascorsi durante le due guerre mondiali, in cui il cibo scarseggiava e molte famiglie dovevano veramente tirare la cinghia. È naturale quindi che anche i posteri abbiano ereditato forti resistenze alla pratica del digiuno. C'è poi tutta una tradizione del punire i figli mandandoli a letto senza cena; quindi per molte persone poco riflessive, non mangiare per un pasto o due è come infliggersi una punizione.

Quasi completamente tramontata e abbandonata, l'usanza del digiuno del venerdì praticato negli ambienti della chiesa cattolica, a favore dell'ingurgitare ogni giorno ogni genere di cibo: carne, formaggio, latte, affettati, pesce, gelati e dolciumi di vario tipo, nel trionfo assoluto del vizio capitale della gola, cosa di cui ho ampiamente parlato in altri post. Le persone, qualsiasi religione professino, si sentono così lontane da Dio da essere obbligate ad annegare la loro angoscia esistenziale nel cibo e altre cose anestetizzanti.

Ma che succede quando digiuno?

Nelle ore immediatamente successive all'inizio del digiuno accadono alcune cose: intanto iniziano disturbi vari come mal di testa, di pancia, a volte diarrea, a volte stitichezza, calo della lucidità e della energia, perdite vaginali per la donna, sbalzi d'umore, irritabilità. Perché? Semplicemente perché le tossine e le impurità che prima erano depositate in vari luoghi dell'organismo, ora entrano nuovamente in circolo, e ciò non è affatto piacevole. Immaginate il grasso in eccesso accumulato ad esempio nel sistema cardio-circolatorio che comincia a sciogliersi e a circolare liberamente per essere nuovamente metabolizzato, digerito ed espulso. Immaginatevi il muco che nel sistema polmonare si scioglie per essere ingoiato e nuovamente digerito; pensate infine all'intestino, le cui pareti sono cariche di vecchie feci "spalmate" dappertutto: esse cominciano a sfaldarsi e ad aumentare la putrefazione interna per poi essere espulse.
Mentre noi non mangiamo, non introitiamo nuovo cibo, il corpo recupera tutto ciò che può: in pratica l'organismo si nutre di se stesso.

I sintomi si intensificano al secondo giorno di digiuno per poi scemare finalmente e dopo il terzo giorno, generalmente parlando, non si avvertono più grossi disagi.

Già, però iniziano ad emergere difficoltà psichiche, emotive e mentali: ecco perché si suggerisce per i digiuni prolungati di avere accanto una persona esperta che sappia cosa fare per sostenerci e confortarci; e se parlo di conforto non è a caso perché vengono fuori molte paure e dolori appartenenti a traumi di ogni epoca. Esistono punti nodali che appartengono alla nostra incarnazione, particolari caratteristiche su cui abbiamo da lavorare; i corpi che ci siamo scelti di epoca in epoca hanno ovviamente fatto resistenza al normale corso evolutivo, alla spinta a cui sono stati sottoposti. L'attrito è stato sicuramente molto forte e segni di quel dolore provato vengono riverberati fino a noi; col digiuno non abbiamo più scappatoie: il cibo, il principale anestetico di cui ci serviamo, non c'è, di fare sesso a gogò forse non ne abbiamo la forza, di fare acquisti compulsivi pure, se bevessimo alcolici ci verrebbe da vomitare. Insomma, non c'è scampo, è necessario che accada quel che deve accadere!

Devo confessarvi una cosa: alcuni giorni fa stavo per mettere le mani addosso a un essere umano e non per accarezzarlo o confortarlo, ma per picchiarlo. Ero fuori di me! Per alcuni minuti i miei corpi hanno preso il sopravvento ed erano assolutamente convinti della giustezza della loro azione: la persona oggetto della loro invettiva era infatti, secondo loro, oggettivamente riprovevole e meschina. Grazie al cielo, in breve tempo, ho ripreso la guida del mio “veicolo terreno” e il pensiero che ha preso campo è stato che anche quella creatura, come tutte le altre, ha il suo dolore, i suoi traumi da elaborare. Ciò naturalmente non giustifica il suo atteggiamento razzista nei confronti di una donna straniera da lui apostrofata come "schiava", ma crea in me un terreno utile su cui riflettere, sia per ciò che riguarda il suo comportamento, ma soprattutto per ciò che concerne la mia reazione.

Perché ho reagito così?

È vero, in parte c'era lo sdegno per aver assistito alla scena di qualcuno che offende violentemente una persona indifesa e debole; ma c'è sicuramente dell'altro, e questo fa parte del mio lavoro per i prossimi giorni.

Stavamo argomentando sul fatto che, quando digiuni, vengono fuori tanti eventi traumatici dell'intera nostra esistenza; vi ho parlato di questo episodio perché mi sono appena trovato in una circostanza in cui qualcuno, impregnato del suo vecchio dolore mai visto e bonificato, in preda a forte irritazione riversa su qualche capro espiatorio la sua rabbia. Questa situazione mi rammenta, ancora una volta, il lavoro svolto da Alejandro Jodorowsky, che ha illustrato molto bene quanto ognuno di noi porti con sé il retaggio di tutti i suoi antenati: morti violente, tradimenti, assassinii, aborti, episodi criminali e tanto altro ancora. Lui non suggerisce un lavoro psicanalitico ma atti psico-magici in grado di sciogliere certi legami e aiutare tutto il ramo familiare.

È bello pensare che ognuno di noi ha la possibilità di sciogliere situazioni che si sono cronicizzate nel corso di secoli, in numerose incarnazioni. Amo il lavoro su di sé, perché mi sta facendo diventare "adulto", mi sta aiutando ad assumermi le mie responsabilità.
Amo il lavoro su di sé perché prima avrei considerato quell'uomo di cui vi ho parlato, un nemico, degno del mio disprezzo.

Ora, dopo appena 24 ore, sento che è un fratello che mi ha aiutato a conoscermi meglio, e davanti al quale devo solo inchinarmi con rispetto.

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