La perfezione di ogni cosa creata di Thomas Merton
Nel frattempo è arrivato anche Tu BeShvat, la tradizionale festività ebraica definita come "Il Capodanno degli Alberi" e recentemente - soprattutto in Israele - associata per motivi di calendario al decadente e mercificato giorno di Sanvalentino.
Riuscire a contaminare quel che è pulito, la perfezione di ogni cosa creata, sembrerebbe proprio essere una delle regole perverse su cui si fonda la civiltà.
Come sempre questa festa mi consola perchè io amo particolarmente gli alberi, che per me sono sempre, ogni volta, motivo di fascinazione e contatto con il Mistero della Vita.
Probabilmente, come si può leggere in questa serie di estratti da un suo libro, anche Thomas Merton li percepiva così. Se n'è andato nel 1968, mentre cercava di avvitare una lampadina difettosa a Bangkok. Ma non c'era il salvavita.
MIgliore amico dell'attuale Dalai Lama, Thomas Merton è il solo Cattolico che non solo io riaspetti, ma che consideri un Maestro. E molto probabilmente un santo Tzadik mandatoci dal Cielo.
Nei suoi giorni non c'era lancora la politica della divulgazione della kabbalah in forma basica ai gentili, cosa che avvenne essenzialmente per decisione dei rabbini chassidicie che iniziò a manifestarsi intorno al 1983, altrimenti Thomas Merton credo si sarebbe sponaneamente avvicinato ad essa così come si avvicinò al rigore etico, pacifista e non-egoico del Buddhismo.
Vi lascio a questa lettura di oggi. Io la trovai su di un sito meraviglioso, tuttora in piena funzionalità che è http://www.lameditazionecomevia.it/
Fu circa 13 anni fa se non sbaglio. E queste paginette hanno cambiato la mia vita. Mi hanno confermato che la via della kabbalah non è sola. Esprime sapienze e valori che trascendono totalmente il giudaismo e si collocano in un unico flusso che unisce nell'amore incondizionato senza nome la Terra ed il Cielo. Si intitola "Lo Splendore di ogni cosa Creata". Eggià. Ogni cosa è illuminata. E se noi lo vogliamo possiamo essere anche noi parte di questa luce, lasciando andare l' "IO" per fare posto a "NOI STESSI" .
Continuiamo a leggere da Nuovi semi di contemplazione di Thomas Merton:
"La sola, vera gioia sulla terra consiste nell'evadere dalla prigione del nostro falso io e di unirci, mediante l'amore, alla Vita che dimora e canta nell'essenza di ogni creatura e nell'intimo della nostra stessa anima. [...] Così, mentre siamo nel mondo, tutto ciò che incontriamo, tutto ciò che vediamo, sentiamo e tocchiamo, lungi dal contaminarci ci purifica e semina in noi un po' più di contemplazione e di cielo.
Mancando questa perfezione, le cose create non ci danno gioia, ma dolore. [...]
L'angosci che troviamo in esse appartiene al disordine del nostro desiderio, che cerca nell'oggetto del nostro desiderio una realtà più grande di quella che esso realmente possegga, una pienezza maggiore di quanto qualsiasi cosa creata è capace di dare. [...] Noi cerchiamo sempre di adorare noi stessi nelle creature.
Ma adorare il nostro falso io è adorare il nulla. E adorare il nulla è l'inferno.[...]
Un albero dà gloria a Dio per il fatto di essere albero. Perché nell'essere quello che Dio intende che esso sia, l'albero ubbidisce a Lui. Esso «consente», per così dire, all'amore creativo di Dio. [...] Quindi un albero imita Dio per il fatto di essere un albero.
Più è simile a se stesso, più l'albero è simile a Dio. Se cercasse di assomigliare a qualcosa che Dio non ha mai inteso che fosse, diventerebbe meno simile a Dio e quindi Gli renderebbe minor gloria.
[...] La perfezione di ogni cosa creata [...] è [...] nella sua identità individuale con se stessa. Questo particolare albero darà gloria a Dio estendendo le sue radici nella terra e levando i suoi rami nell'aria e nella luce come nessun altro albero prima o poi ha fatto o farà. [...]
Quindi ogni essere particolare, nella sua individualità, nella sua natura ed entità concreta, con tutte le sue caratteristiche e le sue qualità particolari e la sua inviolabile identità, dà gloria a Dio con l'essere precisamente ciò che Egli vuole che sia, qui e ora, nelle circostanze per esso disposte dal Suo amore e dalla Sua arte infinita. [...]
Per me la santità consiste nell'essere me stesso e per te la santità consiste nell'essere te stesso e, in ultima analisi, la tua santità non sarà mai la mia e la mia non sarà mai la tua [...].
Possiamo essere veri o falsi, la scelta dipende da noi.
[...]
Per diventare me stesso devo cessare di essere ciò che ho sempre pensato di voler essere, per trovare me stesso devo uscire da me stesso, per vivere devo morire.
Perché sono nato nell'egoismo e di conseguenza tutti i miei sforzi naturali per rendermi più reale e più me stesso mi rendono meno reale e meno me stesso, in quanto gravitano tutti attorno a una menzogna. [...]
Nell'umiltà è la più grande libertà. Fintanto che dovete difendere l'io immaginario che giudicate importante, perdete la pace del cuore. [...] Quando l'umiltà libera l'uomo dall'attaccamento alle proprie opere e alla propria reputazione, questi scopre che la vera gioia è possibile solo quando ci dimentichiamo completamente di noi stessi. [...]
Accontentatevi di non essere ancora santi [...]. Camminerete nelle tenebre dove non vi interesserete più di voi stessi e non vi paragonerete più con gli altri.
Coloro che hanno camminato per questa via hanno infine trovato che la santità è dovunque e che Dio li circonda per ogni dove. Avendo rinunciato al desiderio di competere con gli altri uomini, essi si destano improvvisamente e trovano che la gloria di dio è dovunque [...]: essi sono finalmente giunti al punto di accettare la propria pochezza e di non interessarsi più a se stessi. [...]
Dobbiamo «svuotarci» [...] ridurre noi stessi a nulla, [...] vivere traendo forza da un vuoto apparente, che è sempre veramente un vuoto, ma che non manca di sorreggerci in ogni momento.
Questa è la santità.
E a ciò non posso giungere per mio proprio sforzo" (pp. 36-37, 41-43, 57, 65-70).
Fr. Thomas Merton (1916-1968)
1 commento
Grazie per le gentili parole sul mio sito.
Un caro saluto, Gianfranco