Sulla Via come il Matto dei Tarocchi. Melanconìa e Sacrum Facere Fontana Editore

Sulla Via come il Matto dei Tarocchi. Melanconìa e Sacrum Facere

Corto Monzese
 Sulla Via come il Matto dei Tarocchi. Melanconìa e Sacrum Facere

Ho appena letto le tre parti dell'articolo Follia e Sviluppo Spirituale di Paola Marchi e la dimostrazione di quanto mi stia a cuore questo argomento sta nel fatto che mi sto subito gettando, a capo fitto, a scrivere queste righe.

Vorrei senz’altro inviare, prima che me ne dimentichi, un grazie in anticipo all’Autrice, per aver messo sul piatto un argomento mega-tralasciato da tutte le numerosissime “scuole” del movimento olistico sbocciate, come per incanto, negli ultimi tempi le quali, indistintamente, parlano solo della bellezza delle rose che producono senza curarsi d’accennare, anche minimamente, ai rami di spine che le sostengono.

Inoltre questa specie di imbeccata della Marchi va senz’altro a completare il mio precedente articolo Sofferenza o Godimento, questo è il problema? permettendomi di toccare l’aspetto drammatico, per così dire, della faccenda dello Sviluppo Spirituale.

Al di là di quello che dicono: "…bisogna fare questo, non bisogna fare quello, poi si arriverà a…" nelle scuole o nei circoli di crescita personale, come spesso vengono chiamati, le questioni e i rapporti del gruppo riguardano solo l’aspetto intellettuale.

Ma cosa succede sul piano emozionale? Quali sono le malattie, i drammi, le paure e le cicatrici, a volte anche visibili, che vive nel proprio intimo Colui che si mette in Viaggio? Quali sono le conseguenze della Rinascita a Nuova Vita di questo Idioscomfrittòfago che, a un certo punto, non può più fare a meno di perseguire?

Volendo dare un’immagine visiva, immediata, incarnerei questo mio Eroe nel Matto dei Tarocchi , simbolo di quell’energia originaria, di quel caos e di quell’innocenza che la visione borghese della vita, per usare le parole della Marchi, rifugge nel modo più assoluto.

I borghesi (le persone ordinarie/comuni) che hanno una casa nel borgo, che praticano un mestiere e che conducono un vita “normale”, non possono vedere di buon occhio questo Demente, questo Stolto che non ha legami con nessuno e che non ha fissa dimora.

Una Nullità, insomma, un cattivo esempio per tutti che va sicuramente emarginato nelle terre dei proscritti, isolato nel lazzaretto degli infetti o rinchiuso nella stanza dei folli, il vero posto che gli compete.

E che dire di quel suo sguardo, così insopportabile, distaccato dalla realtà, dalla loro realtà, che se ne strafotte della loro socialità interessata che essi stessi fingono ogni giorno di non vedere, della loro morale ipocrita e inconsistente e della loro frenetica necessità di produrre.

Segretamente invidiano il suo peregrinare, libero, il suo partire ogni volta senza destinazione e senza certezze, tranne la necessità di voler andare oltre, con quel fagotto che porta in spalla, sempre più pieno e ricco di esperienze e di cose che incontra per strada.

Come per il cane dei Tarocchi, a loro non rimane che tentare di azzannarlo quasi per fermarlo, rabbiosi per quella sua Follia, pura e naturale, sicuramente non patologica, che gli permette di affacciarsi alla Vita per ricrearla ogni giorno dal principio.

Il tormenti, le spine e i morsi delle “bestie” che il Nostro trova lungo il Percorso sono moltissimi ma il più gravoso di tutti è senz’altro quello che regina Solitudine gli infligge nel suo castello di Melanconìa.

Questa situazione è molto penosa. Ogni essere umano, che tutti amano definire animale sociale, a mio avviso, intimamente, è un animale socievole che ha bisogno d’amore e di tenerezza, quindi di socievolezza. Più che unire comportamenti esterni e innaturali con gli altri, come nel caso della socialità, ha bisogno d’unire la sua anima e ricevere calore umano anche da chi non vive come lui, non ha importanza.

Qualche abitante del borgo potrebbe obiettare, e a ragione: Chi è cagion del suo mal, pianga se stesso! Ma l’Idiota, di fatto, non si lamenta, non è un ipocrita, del resto è stato proprio lui a emarginare i castristi. La sua è soltanto un po' di malinconia che gli arriva di tanto in tanto - anche i Matti non son fatti di ferro - un po' di saudade per dirla alla brasiliana, di nostalgia per un mondo Irreale, il suo, che non ha mai visto né conosciuto, senz’altro diverso da quello reale della vita di tutti i giorni.

Per quanto tempo riuscirà sopportare questo peso? Per quanto tempo le rose che raccoglie lungo la Strada rimarranno fresche prima di finire gettate nel baratro della depressione? Nessuno può dirlo!

Banalmente si potrebbe dire che molto dipende dai risultati che si ottengono lungo il Cammino, ma il problema, credo ormai lo si sia capito, diventa Irreale e Paradossale oltre che Sotto-Sopra. L’Idiota non può dormire sugli allori come fanno gli altri perché i “successi” che consegue non bastano mai e servono solo da sprone per andare sempre oltre, sempre più avanti, sempre più in salita - manco a dirlo.

Al pari di Tàntalo, il nostro Matto per i suoi tanti peccati contro la società creata dagli déi (ciò che nel mio precedente articolo era il debito ora diventa mancanza/peccato) viene “costretto” a un Continuo Supplizio, a una vita di Sofferenza Volontaria.

Alcuni vengono abituati fin da piccoli alla Solitudine . Come nel mio caso la toccano presto con la mano, a causa magari del vuoto lasciato dalla perdita molto significativa e importante di un genitore. Il risultato è che acquisiscono fin da subito una pellaccia dura, l’orrore della situazione, cui vengono allenati fin da bambini, sicuramente aiuta.

Per altri invece, come nel caso di san Paolo, lo shock avviene in tarda età. La caduta da cavallo, in questo caso, è altrettanto brutta perché si entra a vivere nella dimensione del rinnegato. "Non ti riconosco più! Sei un’altra persona!" sono le frasi ricorrenti delle persone che ci circondano, spesso le più care, e questa cosa fa veramente soffrire.

Alla solitudine e all’isolamento va ad aggiungersi, tanto per rincarare la dose, un certo senso di colpa. Ci si sente sporchi perché, dentro se stessi, in qualche modo si pensa che hanno ragione. Abbiamo tradito la loro fiducia, l’immagine che avevano di noi, insomma abbiamo cambiato bandiera.

Ci sono Idioti, in genere dei novellini di primo pelo, che invece non snobbano per così dire il borghese. Animati da puro “spirito missionario” cercano di condividere le scoperte e i doni che raccolgono in campagna, strada facendo ma, in tutta risposta, ricevono solo pesci in faccia.

E quando arrivano al borgo, ogni volta, rimangono sempre molto male, abbattuti, increduli nel vedere che le meraviglie che raccontano non interessano in alcun modo i suoi abitanti, nessuno ha voglia di mettere in discussione ogni cosa.

Il Magnifico Matto, allora, è colui che sa vivere da perfetto schizofrenico nel senso più genuino del termine, un Uomo eccezionale capace di essere sempre presente, in grado cioè di tenere costantemente divisa la sua attenzione in due parti ma con una sola anima, amorevole per tutti, da palesare non necessariamente in modo manifesto.

Se esternamente lo si vede in giacca e cravatta, per vestire il più verosimilmente possibile i panni dell’abitante del borgo, simulando di condividere le sue idee e le sue pratiche di vita, interiormente non smettere mai i panni sporchi e laceri del Viandante incallito. Ma soprattutto deve tacere!

“Sapiens est, qui tacet novit” verrebbe da dire. Tanto: Chi nasce tondo non muore quadro! e far diventate quadrati gli abitanti del borgo è impresa impossibile e tempo sprecato. Occorre essere poliglotta, parlare tutte le lingue del mondo senza prendersela inutilmente se nessuna parla la tua, se la vita va in un certo modo.

Per quanto riguarda le relazioni esterne, come abbiamo visto, è soprattutto Solitudine che va riconosciuta e accettata come regina sovrana. Andiamo a toccare ora il problema delle relazioni interne, quelle che il nostro Matto vive a tu per tu con se stesso.

Rimorso & Dubbio sono le prime cose che mi vengono in mente. Il primo di questi, nel contesto della via dell’uomo astuto, è la molla necessaria che fornisce energia al Lavoro su sé stessi. Al pari del riscatto dal peccato di stampo cristiano, il Rimorso è ciò che permette di raggiungere il Regno dei Cieli ma di questa terra, attraverso una vera e propria trasformazione alchemica, la Rinascita di un Nuovo Individuo e la creazione della sua Anima.

Ora, cercando di essere il più sintetico possibile, succede come quando si va in una palestra di bodybuilding. La sola bravura del Maestro è quella di infliggere carichi che il discepolo possa sopportare. Il peso del rimorso da mettere sulle spalle del praticante deve essere dosato con estrema oculatezza.

Personalmente mi sento vivamente di sconsigliare ogni palestra. Mettere mano e operare, quasi chirurgicamente, sulla psiche delle persone è cosa delicatissima e di luminari in grado di farlo non ne ho mai conosciuti.

Spesso e volentieri la Ricerca Interiore o lo Sviluppo Spirituale vengono vissuti da parte del neofita come una mania, un’idea fissa che assorbe completamente e che può trasformarsi rapidamente in disturbo mentale/fisico qualora non venga soddisfatta, qualora non si ottengano risultati, qualora non si riesca a vincere quel bilanciere che si agogna così tanto di sollevare.

In questo caso scatta il fenomeno depressivo tanto più accentuato quanto più si crede nella bontà di quello che si fa, nella Giustezza e nell’Assoluta necessità di questa Ricerca che, per vari motivi, non si riesce a portare avanti.

La palestra non è attrezzata bene? … il maestro non è all’altezza? … l’allievo non ha la stoffa! Quest’ultimo è un problema allucinante. Pensate al dramma della persona che crede ciecamente, al 1000‰, nel Cammino che ha imboccato e nel contempo in sé stessa vive la lucidità di non essere in grado di poterlo percorrere. Quando uno si rende conto di non essere tagliato per una Cosa che è tutta la sua vita.

Passando al Dubbio diciamo subito che attanaglia, verbo al quale viene sempre associato. Il Cercatore è costantemente afflitto, stretto e afferrato con forza come da tenaglie, un supplizio senza sosta, senza una pausa, che lo accompagna ogni giorno della sua vita. Del resto ha lasciato le certezze e le comodità del borgo per l’incertezza del Via che non si sa dove porterà né si può scommettere sul fatto che abbia una Meta la quale, di fatto, attesterebbe la possibilità un reale Risultato.

Che fare allora? Direi di ridurre al minimo l’attività mentale, quella che sempre giudica e condanna, quella che riempie i manicomi, privandola di quel suo coinvolgimento emozionale (quasi sempre negativo) per relegarla a una condizione di mero osservatorio neutrale e asettico, incapace quindi di suscitare o subire emozioni, manipolarle e di gestirle.

Far pensare il Cuore, nel senso di affidargli tutta quell’attività che normalmente, assurdamente, finanche in modo abnorme, da quando siamo venuti al mondo abbiamo deciso di affidare alla Mente! La Mente mente, qualcuno ha detto, ed è la causa principale dei nostri malanni.

Vedere, pensare quindi soffrire per le nostre impossibilità non serve a niente, figuriamoci per un’esistenza che, non essendo stata fatta su misura per noi, non accettiamo ne “possiamo cambiare”. Il Sacrum Facere può essere sicuramente la Strada, forse l’unica, ma non bisogna dimenticare che possiamo sacrificare o Soffrire Volontariamente solo per un Scopo, per un Bene o un Amore al di fuori di noi visto che la più grande impossibilità di tutti noi è proprio quella di amare noi stessi.

Corto Monzese

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