Il mondo dei complotti: Cappelli di stagnola

Il mondo dei complotti: Cappelli di stagnola

Bruno Corzino

Il complottista con il cappello di stagnola è diventato un’icona pop, la maschera perfetta del folle da evitare. Ma chi ha inventato questa caricatura? Curiosamente, proprio chi aveva interesse a screditare chi non si inginocchiava davanti alla “scienza ufficiale”. È il più grande capolavoro di ingegneria sociale: creare un insulto per zittire chi fa domande. Ridere del cappello serve a non pensare a chi lo ha messo in testa all’umanità. Forse il vero alluminio non è sulla testa del complottista, ma intorno al cervello collettivo. (Introduzione a cura dell’Editore)

Da alcuni decenni circola il termine, a connotazione spregiativa, di “complottista”. Quando pensiamo a questo termine ci viene in mente l’immagine di una persona con un cappello di stagnola in testa. Ma da dove vengono questo termine e questa immagine? L’immagine viene da un racconto di Julian Huxley, il fratello di Aldous e ispirazione (in negativo) per la sua opera Il Nuovo Mondo. Fondatore del WWF e primo direttore dell’UNESCO. Nella sua opera Unesco: its purpose and its philosophy (come d’altronde in tutti I suoi lavori) esprime progetti di eugenetica e ingegneria sociale che fanno apparire gli autori delle teorie razziali naziste come dei bambini innocenti. Tutto naturalmente in linea con la filosofia transumanista, termine, guardacaso, coniato proprio dallo stesso Julian. Bene, questo tizio tira fuori un termine che nella sua cerchia di gente di questo genere diventa un’immagine dispregiativa per tutti coloro i quali osano opporsi alla tecnocrazia delle èlite.

Insomma, il concetto di “complottista” e l’immagine del “cappello di carta stagnola” come, secondo la Treccani, “fantasia popolare relativa a un piano tramato da poteri oscuri per ridurre in schiavitù l’intera umanità” è inventato proprio da quei “poteri oscuri” che la definizione implica non esistenti. Il “complottista” sarebbe uno che crede a “teorie del complotto”, definite dalla Treccani “un pensiero di tipo patologico e apocalittico” e “fantasia popolare relativa a un piano tramato da poteri oscuri per ridurre in schiavitù l’intera umanità”. Viene subito da sorridere ripensando a come abbiamo aperto il discorso: “circola il termine”.

Già qui vediamo l’ambigutà che regna riguardo a questo tema. Perché non “circola” un bel niente, non è una cosa nata spontaneamente dalla “gente”, dalla “cultura popolare”. Si tratta piuttosto di un concetto creato consapevolmente per adempiere a una chiara funzione di ingegneria sociale. Che è quella di gettare lo stigma sociale su tutti coloro i quali osano mettere in dubbio i tabù tribali che tengono insieme la “società dei buoni”. Coloro i quali obbediscono e credono alla narrazione ufficiale dell’autorità del momento. Coloro che vi si oppongono vanno quindi disprezzati, isolati, combattuti e possibilmente eliminati. Gli obbedienti all’autorità, alla “versione ufficiale” e “scientifica” (chissà se tra 30 anni questa parola avrà ancora il valore di dogma che ha oggi), ovvero quelli pronti a combattere ed eliminare chiunque osi dissentire e quindi mettere in pericolo il loro senso di appartenenza ad una tribù, si sentono sempre dalla parte del Giusto e del Bene. E qui troviamo l’infinita ironia che sono proprio queste pecore gregarie continuamente occupate a bullizzare e cercare di fare fuori i diversi, sono proprio quelli che si proclamano contro il “fascismo”, la “violenza”, il “totalitarismo”.

Ma basta, abbiamo già riso abbastanza. Ovviamente l’uomo comune ripete e non si fa domande su da dove vengono le etichette e gli strumenti mentali che utilizza. Semplicemente sente che dire “complottista” gli fa provare un caldo senso di appartenenza alla morbida lana del gregge degli “intelligenti” e dei “buoni” e gli da occasione di guadagnare punti virtù proprio scagliandosi contro e bullizzando tutto ciò che va contro il gregge. E va quindi automaticamente ridicolizzato, escluso e malmenato, un po’ come il ragazzo sfigato a scuola su cui i marginali si avventano per riaffermare la loro appartenenza ai “normali”. Che per parte loro godono dello spettacolo, assentendo.

Questo per dire che tutti questi usano l’immagine del “cappello di stagnola” per indicare il “complottista”, senza ovviamente avere idea di chi l’ha creata e perché. E ovviamente senza chiederselo. E niente, tocca ridere di nuovo a crepapelle. Infatti è proprio a partire da eventi che non si possono definire in altro modo che come delle plateali prese per il culo che sempre più persone hanno cominciato a mettere in dubbio la narrazione ufficiale. E questo, ovviamente, a chi domina le persone proprio grazie alla loro fede e alla loro obbedienza, non piaceva per niente.

E qui il cane di Pavlov mi obbietterà che già questo per lui è un complotto, che lui è assolutamente libero e nessuno lo domina tramite la sua obbedienza e soprattutto la sua fede. Lui che, vantandosi di essere “senza fede” obbedisce ogni giorno al denaro, che non è altro che pura fede numerizzata. Basta un tremito nella fede degli investitori perché si annulli magicamente. E tutto il mondo “oggettivo” del nostro amico duro e “senza fede” cada per terra con rumore di cocci, anche se continua a obbedirvi ligiamente compiendo mansioni meccaniche che chiama “lavoro” e che ora, senza la fede del mercato, non lo ripagano più con cibo, alloggio e quant’altro. D’altronde parliamo della stessa persona che, dopo aver ridicolizzato la fede e la religione, ti commenta commosso, la lacrimuccia e la mano al cuore, che lui “crede nella scienza”.

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