Quel tipo di pensiero esoterico. Parte seconda Fontana Editore

Quel tipo di pensiero esoterico. Parte seconda

Tzur Trevi

Nella prima parte abbiamo anche affermato (molto fra le righe) che un autentico percorso spirituale personale non percepisce alcuna reale separazione “fisica” fra essoterico ed esoterico. Si muove sempre dal primo (sempre che esista questa distinzione a livello ontologico) per entrare nel secondo (idem) servendosi per ogni livello della realtà e per ognuno degli obiettivi correnti lungo il percorso che auspicabilmente prima o poi dovrebbe portarci in vista dell’Obiettivo finale che ciascuno si è posto, di quello o quegli strumenti che sia il più adatto e potente e di quelle tecniche che più siano articolate, profonde ed adeguate.

Nei testi di Kabbalah Ruhanniyut (Cabala estatica o profetica) di Abraham  Abulafia, un mistico ebreo, cabalista spagnolo del XIII secolo, ritroviamo, ben descritte, un buon numero di tecniche per passare dallo stato di veglia razionale ordinaria (onde beta e poi alfa)  per poi proiettare il sé in uno stato estatico (onde delta e theta). In una delle più semplici si parte da una sorta di ginnastica fatta con la testa ed i muscoli del collo che assumono forme convenzionalmente simili, o comunque connesse, con le vocali dell’ebraico. Queste non si scrivono in forma di lettera ma solo come gruppi di punti o punti isolati collocati sotto la lettera, o sopra di essa o al suo fianco sinistro. Si vocalizzano parole sacre, soprattutto i nomi divini, facendo ruotare in una stessa radice in sequenza tutte le vocali compiendo con collo e testa i movimenti corrispondenti, in continui cicli e a velocità crescente, creando presto automatismi corporei in cui la coscienza evapora per condensarsi altrove e dedicarsi a lavori superiori. È questa una tecnica che parte da compiti tutti di per sé comprensibili e razionali, ma combinati in una macro-sequenza spiazzante per il cervello sinistro, che ben presto si ritira dalla scena e sta inerte in back-ground, lasciando lavorare l’emisfero olistico destro, di norma sacrificato e compresso nelle nostre civiltà di matrice occidentale. Scorrere l’ordine alfabetico delle lettere è un’attività verbale, mentre il movimento del corpo è di tipo non-verbale. Vi è una continua e rapidissima alternanza fra le due modalità di funzionamento dell’encefalo, cioè analitica in predominanza sinistra ed olistica e sintetica in predominanza destra. Alla fine questo lavoro porta alla creazione di una massa energetica, cinetica e cognitiva paradossale che produce nel mistico un istantaneo e completo salto quantico in una dimensione estatica di contemplazione dell’Essere tipico dello stato della Mente Super-conscia, totalmente al di là del dualismo verbale/non-verbale.

Le pratiche Sufi del parallelo e consimile misticismo islamico, sono basate sullo stesso principio e costrutto tecnico e psicologico. La cerimonia essenziale è quella della “Ricordanza” detta Zikr o Dikr. Ci si ricorda, una volta raggiunta l’estasi, della presenza continua ed ubiqua della Divinità e della natura divina consustanziale alla Divinità della scintilla animica, che alberga in ogni uomo e ogni donna. Nella tradizione Mevlevi, quella di Rumi, lo stato estatico durante il Dikr lo si ottiene attraverso la danza circolare antioraria continua - il Sema – da parte del Derviscio Rotante, che nella cerimonia è detto Semazin, per distinguerlo dal Neyzin, o derviscio musicante.

Nelle tradizioni Jerrahi, Bekhtashi dei Balcani, Naqshbandi, lo Zikr prevede altre forme di induzione collettiva dell’estasi. Danza, ritmi ossessivi delle percussioni inducono il salto di coscienza nelle tradizioni sufiche Ginawa del Marocco, mentre è il canto ritmato, polifonico e celestiale la tecnica dei sufi indopakistani, depositari dei segreti del Qawwali.

Con queste tecniche dunque si parte da uno stato di coscienza normale e razionale e si perviene alla contemplazione Super-conscia di realtà spirituali esistenti nella prossimità (“atzilut” in ebraico) della Divinità.

E la Divinità è la matrice sola ed unica della Rivelazione.

E dunque, allora, di fronte alla Rivelazione ed ai testi in cui essa è contenuta, è corretto procedere partendo dalle facoltà cognitive del pensiero razionale. E fra queste, quella che chiamiamo Pensiero Storico. È imprescindibile, ed assolutamente non irrispettosa, né tanto meno sacrilega, una ricognizione storica sulla Rivelazione, qualunque cosa tu poi ci voglia fare, con la Rivelazione in dimensioni cognitive diverse, siano esse contemplative, mistiche, estatiche, superconscie, e dovunque quindi tu voglia andare, quale che sia il tuo obiettivo finale.

È certo, e ormai dimostrabile, che questo quantum - anche piuttosto corposo -  di esperienze e conoscenze che si fanno nella Rivelazione, in cui la parte preziosa non passa più - o mai - attraverso le maglie minute della Ragione, esistano e sono reali.

Ma non accedi mai all’attico se non accetti di salire la scala a partire dal primo gradino.

Normalmente, si pensa che lo storico, il linguista e poi il filosofo faranno l’analisi storico-critica del testo, non il mistico, l’esoterico. Lo spirituale partirebbero direttamente da altre dimensioni. Non credo sia possibile. Solo chi sale tutta la scala, è passato attraverso tutte le dimensioni e le modalità della conoscenza e le ha tutte integrate e connesse, e poi tutte fuse e quindi superate e lasciate cadere, allora a quel punto, nella mia umile opinione avrà maturato il sacrosanto diritto di vedere D-o.

L’indagine storica dei testi sacri normalmente si svolge applicando alla fonte o al materiale oggetto di indagine una successione o concerto di 5 STRUMENTI CONCETTUALI, noti come “LE 5 C”, ovvero:

  •     CAMBIAMENTO NEL TEMPO
  •     CONTESTO
  •     CAUSALITÀ
  •     COMPLESSITÀ
  •     CONTINGENZA

Vediamoli un attimo in maggiore dettaglio, brevemente.

CAMBIAMENTO NEL TEMPO: Nel corso del tempo le nostre idee sulla realtà cambiano. Nuovi paradigmi concettuali si sostituiscono a quelli precedenti, inevitabilmente, e immancabilmente si diffondono nella società del tempo, per essere condivisi pacificamente come il “giusto” pensiero dalla maggioranza delle persone. La storia stessa ne è un esempio lampante. All’epoca in cui venne realizzata la Torah o l’Enuma Elish, o l’Epopea di Gilgamesh, ma anche la lista delle dinastie egizie di Manetone o ancora, per svariati aspetti, le Storie di Erodoto o le Vite dei Cesari di Svetonio, per tacere poi dei Quattro Vangeli canonici, la concezione di quali dovessero essere i criteri di una narrazione per essere un testo “storico” erano profondamente diversi da quelli che sono formulati e richiesti dal nostro attuale paradigma.

Per questo bollare i testi antichi di non-storicità o anti-storicità o definirle “invenzioni” è un giudizio illogico e privo di senso. Chi lo fa, come il famoso inventore della (impossibile in termini) “traduzione letterale” seguita dal famoso “facciamo finta che” di pura matrice PNL da venditori di Robot da cucina, dimostra solo una mancanza di istruzione abissale che lo porta ad affermare “verità” graditissime alla Suburra, ma insostenibile in qualsiasi ambito accademico diverso dai circoli e dalla palestre dove va solitamente ad esibirsi.

Tutti i testi che contengono narrazioni storiche sono riconosciuti fonti della storia, innanzi tutto dai contemporanei che li valutano relativamente al paradigma storico esistente del tempo in cui vennero redatti, e se materialmente sopravvivevano, passavano poi attraverso tutti i mutamenti del paradigma della storicità che si sono succeduti.

Ai tempi della Torah, redatta per la gran parte nel VII secolo BCE e su materiali eterogenei e spesso plurimi sullo stesso oggetto che erano preesistenti, orali e poi scritti su ausili mnemonici e abridgments per il culto, cucendoli in quel contesto del Regno di Giuda, sotto l’ambizioso Giosia, in una narrazione “coerente”, la storia aveva un fine preciso: tramandare un messaggio ideologico, cosmologico, istituzionale, culturale, sapienziale e religioso IDENTITARIO.
La storia i popoli la scrivevano per se stessi.
Il messaggio è il core della narrazione, è la sua giustificazione.
Il resto e cioè i personaggi stessi, i loro nomi e caratteristiche, le loro azioni, le loro dichiarazioni, le date, i numeri, i luoghi, le circostanze che riguardano tanto i soggetti quanto gli “antagonistes”, gli “altri”, NON AVEVANO ALCUNA IMPORTANZA “STORICA” a quel tempo, perché assolutamente a nessuno interessava andare a verificarne la corrispondenza reale, nessuno si poneva in primis questo problema. Non esisteva questo tipo di riflessione consapevole sulla narrazione.

Gli abbellimenti, le iperboli, il meraviglioso, il miracoloso, sono tutti espedienti letterari ed innocenti, USATI SENZA IDEA ALCUNA DI MALIZIA dagli scribi, per attirare l’attenzione dello spettatore, produrne il coinvolgimento intellettuale, affettivo ed emotivo, etico e religioso rispetto al MESSAGGIO.
Così i Patriarchi possono vivere serenamente per secoli e generare ad età inconcepibili. I primi Faraoni regnano a loro volta per secoli; Sargon di Akkad ha una nascita la cui narrazione e dettagli circostanziali anticipa di quasi 800 anni le identiche circostanze della nascita e salvataggio dalle acque di Mosè. Sargon diventa Mosè, l’Eufrate diventa il Nilo, la figlia dell’Imperatore di Akkad diventa la sterile figlia del Faraone.

Nello stesso modo il mito ebraico ci dice che furono 603.550 i maschi adulti ebrei che lasciarono l’Egitto seguendo Mosè con mogli, figli ed antenati. Ma detto questo la teologia non si preoccupa affatto che in base a calcoli ovvi sono come minimo 2 milioni e rotti le persone che lasciano tutte insieme l’Egitto, che passano 40 anni nel Sinai e che poi si rovesciano simultaneamente in Canaan, senza che esista una singola traccia archeologica, in nessuno di questi 3 scenari, che confermi non solo il numero iperbolico, ma anche l’evento in sé.

Gli studiosi di letteratura e linguistica riconoscono, inoltre, facilmente in queste narrazioni la presenza di mini-unità strutturali di narrazione che si ritrovano in tutte le culture vicine e in culture successive identiche, cambiando solo circostanze di ambientazione e nomi delle persone: i TROPOS (pl. Tropoi) letterari.

Per esempio: Il figlio del re che un giorno va fuori dalla sfera muraria o comunque della protezione e scorta accordata al suo rango, e si imbatte con sbigottimento nella vita vera è un tropo che unisce Mosè che uccide il sorvegliante degli schiavi egizio e Siddharta Gautama che esce del Palazzo e scopre la morte ed la sofferenza che gli erano state tenute nascoste come era successo anche a Mosè il Principe d’Egitto…

Oggi la Storia da molto tempo distingue nelle narrazioni tre ambiti: MITO, LEGGENDA e CRONACA.

Per non addentrarci troppo in media re e perdere lo scopo del nostro corrente discorso, diciamo con serena calma che nel paradigma storiografico attuale tutta la Torah è puro MITO, che le vicende relative alla supposta Monarchia Unitaria d’Israele relative a Shaul, David ha Melekh e Shlomo ben David Ha Melekh sono LEGGENDA, ovvero con il riconoscimento di un qualche fondamento storico della narrazione relativa alla sola persona di David, ma non dell’esistenza del fantomatico regno unitario in base alle risultanze archeologiche. Questa ipotesi storica è infatti priva di prove archeologiche architettoniche e monumentali datate con certezza a quel periodo, sostanziali e sufficienti. Prove che devono risultare dagli scavi e che – relativamente ai documenti -  dovrebbero anche essere ritrovate in fonti formatesi in contesti extra-biblici (e possibilmente unbiased) per fornirne una definitiva prova obiettiva che ne convalidi l’esistenza.

La sola menzione a Tel Dan della “Bet David” in sé è tipica del configurarsi di una dimensione leggendaria: non ci dice nulla di chi fosse David, se fosse quel David e quali fossero le vicende della sua Casa se non di discendenti in epoca storica, che si rifanno ad un antenato che potrebbe benissimo essere mitico, come si faceva nell’uso greco o Romano (i Dioscuridi che discendono da Castore e Polluce, la Gens Iulia che discende da Iulo <Enea < Venere).
Sulla base degli scavi attuali si ritiene che se esistito, David avrebbe avuto una forza militare a disposizione di circa 500 uomini. Il che ne fa un capotribù e non un potente re davanti a cui si inchinava l’Oriente.

Il periodo del massimo fulgore di questo che la Torah, pomposamente, definisce “Impero”, coinciderebbe sorprendentemente ed in modo sospetto con quello del “crollo delle civiltà monumentali” che colpì, senza alcuna eccezione, tutto il mondo antico dal 1175 (data convenzionale) per i successivi 200 anni circa, causata da un prolungato e disastroso periodo di siccità senza precedenti, accompagnato da sismi ripetuti e maremoti enormi. Diciamo pure, dunque, che si tratta di un impero mitico-leggendario a priori, solo a vederne la cronologia nel contesto del mediterraneo centrale ed orientale, e non sufficientemente supportato archeologicamente dalla assoluta modestia dei ritrovamenti e dalle proiezioni sulla possibile popolazione e forza militare ottenuta per approssimazioni statistiche, verificate sul campo in casi simili.

Lo stesso dicasi per l’Esodo che probabilmente è la trasfigurazione in epopea dell’episodio storico della Cacciata degli Hiksos dall’Egitto ad opera di Ahmose tra 1491 e 1480 BCE, poi ripresa dai semiti cananei che vanno a formare il popolo Ebraico. La stessa cronologia della Bibbia presa letteralmente, come presto scriveremo e dimostreremo in accordo con gli studi di Matt Baker - ancorché finalizzata a mostrare agli israeliti che trascorsero esattamente e simbolicamente 4000 anni dalla Creazione (del mondo e di Adamo) ed esattamente 100 furono  le generazioni (ogni 40 anni secondo l’accezione ebraica) ad essere intercorse prima della Ridedicazione del tempio a Gerusalemme, avvenuta grazie ai Maccabei nel 167 BCE. -  stabilisce la data dell’Esodo in termini di era Comune fissandolo nel 1495 BCE. Ecco questa è una datazione interessante e sorprendente perché sostanzialmente coincidente con la cacciata degli Hicksos, “Leggendario” non vuol infatti significare, tout court, “inventato”. Ma gli Hicksos e gli Ebrei sono due cose distinte e questo ci porterebbe a considerare la presenza della narrazione dell’Esodo nella Torah come l’effetto del fenomeno universale della CIRCOLAZIONE DEI MODELLI CULTURALI in aree geografiche contigue, che più si verifica quanto più il modello ha PRESTIGIO e valore per le conoscenze, gli insegnamenti, i valori e il potenziale cementante identitario che contengono.

Storie bibliche e personaggi come Jehu, Omri o Hezechayah, invece – e sono finora circa una 60ina scarsa i personaggi menzionati nel Tana”ch ebraico  che risultano storicamente attestati da fonti plurime anche extra-bibliche - sono dimostrabilmente personaggi storici realmente esistiti, perché menzionati e descritti in fonti storiche come la Stele di Moab, estranee al popolo ebraico.
Siamo allora sicuri che chi creò per primo il disegno egizio dell’Ankh e Tesla che concepì quella macchina intendessero esprimere lo stesso significato e le stesse conoscenze, che fossero dediti allo studio della stessa cosa, che la collocassero, analogamente, in uno stesso lunghissimo e duraturo paradigma concettuale tecnologico e culturale? Già basterebbe questo a dare la dimensione sesquipedale della cazzata illustrata nel post.
 
CONTESTO: Qualsiasi concetto spirituale come Messia, Peccato Originale, Satana, Messaggero di D-o, ecc. ecc. è un nucleo di pensiero che evolve lungo percorsi che appartengono ad una rete incrociata di influssi storici, sociali, economici, tecnologici, culturali, antropologici, politici, filosofici, religiosi, Ogni tempo ha una nozione di quel concetto che viene formulata in funzione ed in accordo con il contesto globale in cui si inserisce.
Secondo voi il contesto dell’Antico Egitto era lo stesso in cui viveva Tesla?

CAUSALITÀ: In qualsiasi tipo di ricerca storica e di analisi delle testimonianze e dei documenti è estremamente difficile, e sempre di più man mano che il tempo intercorso aumenta, accertare fatti ed interpretarli correttamente al di là di ogni ragionevole dubbio.
La Storia non è la scienza. La Scienza, per definizione, si occupa di eventi ripetibili, con la possibilità, pertanto, di organizzare esperimenti mitrati ad individuare la spiegazione dei fenomeni per trarne leggi generali.
La Storia non consente l’esperimento di questa modalità cognitiva. Non si occupa di fatti ripetibili o riproducibili.
E di norma, anzi, si occupa di fatti ed eventi a cui nessuno degli studiosi che li studiano normalmente ha assistito personalmente, essendo tutti, per la definizione stessa del concetto di “storia”, eventi passati e spesso avvenuti generazioni prima.
L’accertamento dei nessi causali è quindi sempre molto difficile e spesso per nulla certo.
Quale causa storica determinò un certo effetto storico?
Si ricorre ai documenti, ai testi, ai reperti, alla logica, alla statistica ed alla probabilità.
Ed i margini interpretativi restano ampi e così anche le aree di indeterminazione.
Come facciamo a sapere, per esempio, se sia realmente esistito o meno un certo essere umano? Chiunque sia, non fa differenza.
Più si tratta di un personaggio lontano nel tempo e più la certezza è illusoria e si parla in termini di probabilità se non di mera possibilità.

Nel pensiero storico si parte da 3 (tre) parametri primari essenziali:

Ci sono i resti fisici identificati?
Ci sono prove archeologiche della sua esistenza?
Ci sono documenti testuali (fonti primarie) che ne parlano come di una persona reale?

Se non troviamo risposta nei primi due parametri ci resta il terzo.
Ma questo ultimo campo va approcciato con un metodo.
Questo metodo è definito e ci si riferisce ad esso come il “METODO STORICO SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE FONTI DOCUMENTALI”, un sistema concettuale e procedura di lavoro che serve a distinguere quali fonti, tra tutte quelle disponibili, siano da preferire sotto il profilo probabilità e della veridicità delle affermazioni in esse contenute a proposito del personaggio e delle sue azioni.
Il base a questo metodo dobbiamo essere in grado di poter rispondere positivamente e dettagliatamente alle seguenti domande.

  • Le affermazioni contenute nella fonte trovano riscontro nei ritrovamenti archeologici finora effettuati? (Evitiamo esempi per non innescare polemiche su cui ci si fissa perdendo totalmente di vista lo scopo di questo discorso).
  • Ci sono fonti multiple di diversa provenienza contestuale che narrano la stessa storia riferendosi alla stessa persona o questa è menzionata solo da un’unica fonte? Più sono le fonti e più la possibilità che almeno una di queste dica la verità o un parte di verità nel senso storico del termine aumenta.
  • Possiamo stabilire se ed in quale misura una fonte sia stata influenzata da pregiudizi preesistenti di qualsiasi tipo. Per esempio, chi era veramente Vercingetorige, visto che la sola descrizione rimastaci di lui l’ha scritta il suo nemico e vincitore Giulio Cesare?)
  • Quanto tempo è passato fra la scrittura della fonte ed il verificarsi dei fatti da essa riferiti relativi al personaggio che si sta indagando?
  • Per esempio, fra data riportata negli scritti islamici della morte di Muhammad ed il primo scritto non-islamico in cui viene menzionato trascorrono 8 anni. Per quanto riguarda Yehoshua Ben Yosef detto il Cristo, di anni ne passano 63. Per quanto riguarda Moshe Rabbeinu, sono circa 1000 gli anni intercorsi e comunque non meno di 750 anni tra i supposti fatti e la redazione sostanzialmente attuale del Tana”ch ebraico che ne racconta la vita e le gesta.
  • Dall’impiego di questo metodo dovremmo STORICAMENTE concludere che Muhammad è STORICO, che Gesù è LEGGENDARIO e che Mosè è puramente MITICO.
  • A quale genere letterario appartiene la fonte storica consultata?
  • Epopea? Annali? Genealogie? Cronache? Memorie? Pamphlettistica? Romanzo? Le differenze sono intuitivamente enormi. I registri linguistici e concettuali sono completamente diversi. La probabilità dell’esistenza storica di Enkidu è diversa da quella relativa a quella di Nino Bixio, anche se entrambi i personaggi sono scoparsi prima della nascita di mio Nonno che è forse la persona più remota nel tempo che io abbia conosciuto (nato nel 1893).

Chi era la persona che nell’antico Egitto disegnò per prima un Ankh? Che intendeva esprimere con quel segno? A che scopo l’aveva tracciato? Non è più possibile saperlo in termini storiografici.
Chi era, allora, Tesla, al di là della leggenda mediatica che ormai ne incrosta il nome sui social con strati di leggende metropolitane, seconde soltanto alla proliferazione ubiqua di post contenenti false citazioni di Einstein? Intese riferirsi all’Ankh quando ideò e poi realizzò la macchina raffigurata?
Ah!, saperlo, saperlo…

COMPLESSITÀ: è un concetto auto-evidente che non necessiterebbe di spiegazioni. È una comune esperienza nella vita di tutti noi che qualsiasi evento o cosa che ha luogo nel tempo sia il risultato del concorso dell’azione di FATTORI MULTIPLI, PER LO PIÙ INDIPENDENTI FRA LORO.

Affermare, per esempio, che il Cristianesimo di oggi, prendendone come saggio la sua versione più recente ed aggiornata contenuta nell’ultima enciclica papale di Francisco Primero “Fratelli Tutti”, sia la conseguenza diretta della nascita e predicazione di Gesù, ignorando Paolo e 20 secoli di storia nient’affatto lineare di queste dottrine, è un non-sense totale, in termini storici (e di buon senso comune, per altro).

Le persone umane, purtroppo, tendono invece ad andare in panico di fronte alla COMPLESSITÀ, e come il cavallo nel caos pressante dell’ippodromo, rifiutano l’ostacolo preferendo infinitamente ad esso le narrazioni elementari rassicuranti, o terrorizzanti, secondo le convenienze, basate sulla contrapposizione elementare ipersemplificativa bianco-nero, vero-falso, giusto-sbagliato, amici-nemici. E la cosa fa troppo il gioco del Potere del momento, qualunque esso sia, e di qualsiasi epoca sia, per essere non solo sconsigliato e contrastato con una buona forma di istruzione ed educazione statale, ma viene anzi incoraggiato con ogni mezzo.  Perché ogni governo, d’istinto diffida dei liberi cittadini ed apprezza i sudditi.
Chi accetta, indaga, comprende e risolve la complessità controlla il passato. (per esempio ai nostri giorni l’Elite nelle sue varie articolazioni sociologiche e di classe). Costoro possono anche elaborarne una interpretazione aberrante. Ma se si ha la forza di imporla essa sarà paradigma di Verità. L’ideologia “gender” attuale ne è un chiarissimo esempio. E chi controlla il passato controlla il Futuro. E regna in un eterno e continuamente cangiante Presente. George Orwell ci ha visto lungo e chiaro.

Ma è sempre stato così anche nel passato, non ci si illuda.
Affrontare la complessità invece di schivarla è sempre un buon esercizio verso la libertà e l’autonomia di pensiero.

Il post di Tesla e dell’Ankh Egizio non mostra alcuna traccia di consapevolezza della complessità nel senso di qui abbiamo parlato, portando le persone a fare facili ed improbabilissime equazioni che conducono solo a forme di pseudo-conoscenza, che nel linguaggio quotidiano trova il suo sinonimo in “ignoranza”.

CONTINGENZA: è forse la più elusiva e la meno strutturata delle “5C” ma è sicuramente determinante anch’essa, come le altre, nella sua funzione di parametro per la ricerca di una possibile verità obiettiva.

In pratica, la possiamo definire come la consapevolezza che l’esito di un processo storico è largamente il frutto del verificarsi di eventi precedenti, che potevano anche andare diversamente o essere sostituiti da altri eventi diversi o circostanze diverse. E che quindi avremo avuto esiti diversi.

Certi processi sono UNIDIREZIONALI e la storia è uno di questi. È comune esperienza che se accendiamo un fuoco sotto un acquario tropicale entro un certo “delta T” otterremo una zuppa di pesce (tropicale, of course). Se però mettessimo a congelare quella zuppa non otterremo indietro, a prescindere dal Delta T, alcun acquario coi pesciolini vivi.

Nel loro testo accademico fondamentale nelle facoltà di Storia presso le Università di mezzo mondo "What does it mean to Teach Historically?" Perspectives (gennaio2007), Thomas Andrews e Flannery Burke, (leggibile in lingua originale on line online alla pagina http://www.historians.org/perspectives/issues/2007/0701/0701tea2.cfm) ci dicono testualmente :

 

“To argue that history is contingent is to claim that every historical outcome depends upon a number of prior conditions”

Questa affermazione apparentemente ovvia ed innocente è in realtà molto potente ed efficace.

Essa infatti segna il confine tra chi si approccia alla realtà con una modalità storica e chi si approccia alla storia in modalità TELEOLOGICA, ovvero convinto che la Storia è guidata da un Principio di Volontà Superiore che si invera nella storia, guidandola in una precisa predeterminata direzione.

In pratica, separa il ricercatore spirituale avveduto e genuino da chi ha la sfortuna di essere un Hegel che pontifica sullo Spirito e sulle sue incarnazioni, schiavo dell’eterna triade pospositiva irrisolvente: Tesi, Antitesi e Sintesi. Per altro, lo stesso Hegel sosteneva anche che l’esame attento della forma del globo terracqueo mostrava, senza dubbio alcuno, che essa culminava naturalmente nella Germania. Ecco, lasciamolo lì.

Non voglio fare qui, ora, esempi per esteso scendendo nei casi specifici. Diciamo solo che in questa ultima decina di giorni si sono celebrate le due ricorrenze identitarie fondamentali di due delle tre principali religioni monoteistiche attuali, una delle quali – per quanto numericamente molto ridotta - è stata storicamente la fonte di ispirazione ed il benchmark teologico delle altre due. Sto parlando di Pesach ebraica e della Pasqua cristiana.

Storicamente, nessuna delle due narrazioni supera gli standard individuativi e definenti del “Mito”. Per molti è cosa triste. Per altri questa è una menzogna. Per noi è una legittima ipotesi di lavoro.

(fine della parte 2°, CONTINUA)

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